Dopo 4 anni di assenza e dopo un buon disco d’esordio qual’era “
Illumination”, tornano sulle scene mondiali gli
Awake, gruppo prog metal inglese che già a partire dal moniker sembra pagare dazio ai grandi del genere, inutile fare nomi no? Ci troviamo di fronte quindi a una fotocopia dei
Dream Theater di qualche anno fa? Azz, ho fatto il nome!
Assolutamente no comunque, perché la proposta degli
Awake si discosta abbastanza da quella degli americani, avvicinandosi piuttosto in maniera spesso pericolosa agli
Evergrey. Che il disco sia ispirato dagli svedesi è chiaro praticamente in quasi tutte le canzoni che compongono “
Forever More”, nelle quali la traccia di
Tom Englund e soci si fa a volte lieve a volte più marcata, senza però sparire mai del tutto.
E la cosa può essere positiva da un lato, data l’indubbia qualità dei 6 musicisti, ma fastidiosa dall’altro, soprattutto quando la citazione sfiora il plagio come nella centrale “
For the Moment” o nella semi-conclusiva “
King”.
C’è da dire che gli Awake sono però abili a mascherare il tutto mettendoci parecchio del loro e sfornando canzoni di altissima qualità anche quando l’originalità prende il sopravvento, come nella splendida “
Drift Away”, nella quale si sente addirittura qualche richiamo ai
Redemption di
Ray Alder.
Ho citato Tom Englund e Ray Alder, due cantanti che personalmente adoro, per introdurre il discorso voce: gli
Awake sono bravi tecnicamente quanto ahimè deficitari dietro il microfono. Il cantante
Simon Shedwell infatti pecca di personalità, cercando di imitare i due sopracitati, in particolare Englund, fallendo spesso nello scopo, col risultato di appiattire i toni di canzoni che altrimenti avrebbero detto tranquillamente il fatto loro.
Ma non fraintendetemi, gli Awake sono un ottimo gruppo e questo “
Forever More”, pur innegabilmente derivativo, è un gran bell’album, di quel prog che non ci stancheremmo mai di sentire, quello ricco di emozione e di pathos e non tanto di inutili e mirabolanti peripezie strumentali fini a se stesse.
E’ sicuramente un passo in avanti rispetto ad “
Illumination”, mostra maggiore maturità e un gusto spiccato per la melodia, riuscendo allo stesso tempo a risultare più pesante, anche a causa degli argomenti trattati nelle lyrics, che parlano spesso di perdite importanti e cupa tristezza, nella “miglior” tradizione scandinava.
Gli
Awake non saranno quindi riusciti del tutto a scrollarsi di dosso il fantasma degli
Evergrey, ma hanno fatto sicuramente un deciso passo in avanti nella direzione giusta. Non è il disco definitivo, il loro processo di crescita è ancora ben lungi dall’essere terminato, ma continuando di questo passo potremmo trovarci davanti tra qualche anno a un gruppo da tenere d’occhio in maniera seria. Bravi Awake!
Quoth the Raven, Nevermore..
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