Invecchio e non ho più la memoria di un tempo, ma mi pare di ricordare di aver già ampiamente incensato questo 2011 e i tanti disconi che ha portato con sé. Bene, riprendete in mano la lista e segnate un nome in più, perché questo
Rhyme & Reason è un album di una bellezza rara e preziosa.
Non penso ci sia bisogno di particolari presentazioni per
Chris Ousey, a.k.a.
The Man with the Golden Tonsils, che si presenta in versione solista centrando tutti gli obiettivi che qualsiasi album dovrebbe raggiungere: songwriting ispiratissimo (in cui Ousey è stato aiutato dal chitarrista
Tommy Denander), produzione eccellente, qualità strumentale clamorosa e nessun filler. I dodici pezzi del disco scorrono via con una freschezza e una velocità che raramente si trovano in giro, spaziando tra AOR, hard rock e con quel pizzico di gusto progressivo che aggiunge qualcosa di unico al sound, ovviamente dominato in lungo e in largo dalla possente voce di Ousey, capace di trascinare ma anche di commuovere con la stessa disarmante facilità. Alla stessa stregua del clamoroso singer, le scorribande soliste di
Mike Slamer (impegnato con successo anche in qualità di produttore) alla sei corde sono un altro dei punti di forza dell’album: ogni singolo assolo di chitarra è assolutamente perfetto per tecnica e melodia, oltre a trovare praticamente in ogni track il modo per staccare strumentalmente la sezione con un gusto e una classe rarissime. E se tutto ciò non vi basta, a chiudere il cerchio vi cito i personaggi che popolano la sezione ritmica:
Neil Murray al basso e
Gregg Bisonette alla batteria. Direi che non ci si può proprio lamentare.
Difficile dirvi quali siano i pezzi migliori, ma ci provo. L’opener è un pezzone da classifica che ti si pianta in testa fin dai primi ascolti, davvero ben riuscito.
Give Me Shelter è una bomba eighties in cui una strofa articolata e particolare, dominata dalle tastiere, esplode in un ritornello clamoroso.
The Reason Why presenta un riff di gran classe che sboccia in maniera commovente, rimane sempre delicata nei toni, mentre sotto succede di tutto.
Don’t Wanna Dance è un’altra chicca dal gusto ottantiano, mentre
Watch This Space ci consegna un Ousey ispiratissimo, vicino a tinte soul, che gioca con un riff hard rock addolcito dalla presenza delle tastiere. Buona anche
A Natural Law in chiusura (che rappresenta l’episodio più melodico dell’album), mentre merita una citazione anche la doppietta
Motivation/To Break A Heart. E le altre? Beh, le altre certo non si possono definire filler, dato che sono perfettamente in grado di mantenere uno standard qualitativo altissimo.
Vi ho detto quello che c’era da dire: questo è un disco da andare a comprare. Solo il tempo ci dirà se il mio 8,5 è un voto troppo basso, ma per ora ciò che continua a girare nello stereo è uno degli album dell’anno.
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