Quando si parla di rock progressivo, l’Italia vanta una tradizione di grande qualità. Numerose le formazioni che hanno offerto testimonianze di alto livello, pur se la maggior parte di esse è nota soltanto nella ristretta cerchia degli amatori.
Come i toscani
Goad, veterani di lungo corso che hanno mosso i primi passi ai tempi d’oro del genere. Nel nuovo capitolo “Masquerade” confermano il loro stile rock variamente sfaccettato, un’intensa commistione tra momenti energici ed atmosfere raffinate, sfumate e sognanti. Un disco imponente, ben oltre l’ora di musica, composto e registrato nell’arco di tre anni e dove la lista dei partecipanti si mostra assai nutrita. Parte delle liriche sono adattamenti di scritti vergati da Edgar Allan Poe, ed è evidente la cura che il gruppo ha posto in ogni dettaglio. Questo per dire che siamo di fronte ad un’opera adulta, intensa e di grande spessore, frutto degli sforzi di musicisti visibilmente maturi ed esperti.
Le canzoni, sovente formate da due o più movimenti, hanno molto da svelare, grazie alle trame ariose e ricche di una pletora di strumenti, tra i quali tastiere, flauto, fiati, violino, insieme a vocals che disegnano melodie tortuose. Il tono generale richiama prepotentemente il prog-rock degli anni settanta, ma non come potrebbero farlo dei giovani di epoche successive bensì con l’attitudine di chi ha sviluppato il proprio stile direttamente nel periodo stesso. Si individuano cenni di King Crimson, Focus, Camel, oppure, restando in Italia, qualche similitudine con Standarte e primi Hogwash, ma la personalità dei fiorentini è indiscussa.
Perfino troppa carne al fuoco, tanto che alcuni episodi sono appesantiti dalla ridondanza estetica caratteristica di questo stile rock. Comunque un ottimo album, insieme dinamico e poetico, che farà felici i cultori del genere.
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