Bellissima nuova realtà questi
Kambrium, giovanissimi tedeschi che dopo aver pubblicato “
Shadowpath” in maniera indipendentemente nell’Aprile di quest’anno, riescono immediatamente a guadagnarsi l’attenzione della Massacre, che li mette sotto contratto e gli permette di ripubblicare il disco, ovviamente con tutti i crismi del caso, in primis una nuova copertina, molto più oscura e aggressiva della precedente.
I
Kambrium ci regalano un Death Metal molto particolare, “sporcato” da venature Prog e soprattutto Epic, in particolare nell’uso quasi smodato dell’elettronica, che rende a tratti addirittura sinfoniche le loro composizioni.
Tutto questo viene sciorinato con grande bravura tecnica da parte di tutti i componenti del gruppo, anche se una piccola nota può essere rivolta al growl un po’ troppo graffiato di
Martin Simon, che a volte tende a risultare quasi fastidioso, non permettendo di godere appieno delle evoluzioni chitarristiche della coppia
Karsten Simon/Julian Schenke, davvero abili nell’intessere intricate melodie e riffoni da paura.
Come già detto però il grosso del lavoro nella proposta musicale dei tedeschi lo fa il tastierista
Jan Hein, vero e proprio fulcro delle sonorità dei
Kambrium, capace di rendere davvero particolare un Death Metal di stampo altrimenti fin troppo classico. Tra l’altro in tutto questo il passaggio alla Massacre ha fatto qualche miracolo, dato che i suoni delle tastiere, che prima risultavano quasi artificiosi, ora convincono appieno.
I paragoni scomodi, di rito per un gruppo giovane alla prima esperienza discografica, possono ricondurre ai
Children of Bodom, per le tastiere e per alcuni passaggi decisamente sostenuti, ma soprattutto ai primi
Kalmah.
Per quanto riguarda invece le singole canzoni, è difficile discernerne qualcuna dal buonissimo lavoro globale svolto su “
Shadowpath”, ma è innegabile che la conclusiva “
A Sinner’s Remorse” sia un vero gioiello, che rispecchia nei suoi 8 minuti tutto quello che la musica dei
Kambrium può offrire, ovvero quell’Epic/Prog Death Metal tanto caro alle definizioni di Metal Archives, che circa a metà lascia spazio addirittura alla musica classica con una rivisitazione della Quinta di Beethoven.
Cosa chiedere di più ad un gruppo all’esordio discografico sulla lunga distanza? Niente direi, se non di proseguire nel percorso intrapreso con questo ottimo “
Shadowpath”. Un ascolto consigliato a tutti, anche se i puristi del bel canto potrebbero non gradire troppo la voce di Simon e fermarsi nell’ascolto. E sarebbe un peccato.
Quoth the Raven, Nevermore..