Copertina 6,5

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2002
Durata:50 min.
Etichetta:No Fashion
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ANTI ANTHEM
  2. ISOLATION
  3. COLD
  4. HIDDEN WALLS
  5. UGLY FRIEND
  6. INSECT
  7. NEVER BE THE SAME
  8. OVER AGAIN
  9. HERO IN PARADISE
  10. FAILURE
  11. ALONE

Line up

  • Carl Nilson: vocals, machines
  • Johnny Hagel: machines

Voto medio utenti

Da non confondere con l’omonimo gruppo di diciottenni imberbi e scalmanati, questi Lithium sono la creatura del noto Johnny Hagel, l’uomo che insieme ad Edlund ha reso grandi i Tiamat per poi andar via. Dopo qualche tempo abbiamo visto Hagel anche nei Sundown, ma sembra che il creativo musicista non trovi pace. Questo progetto totalmente elettronico fonde insieme un mucchio di stili diversi, mostrando l’ammirazione mai nascosta del leader per gruppi progressive come i Rush o i Pink Floyd, almeno per quanto concerne l’attitudine sperimentale e la devozione al noise più industriale dei Nine Inch Nails, con strizzate d’occhio ai sintetizzatori dei Depeche Mode qua e là, il tutto unito dalla voglia di incarnare qualcosa di moderno e personale. Ma brani come la title-track “Cold” o “Insect” si rivelano essere quasi una sfida all’ex compagno di viaggio Edlund, tanto si avvicinano alle sonorità di “Judas Christ” riuscendo a risultare anche più freschi e dinamici degli ultimi Tiamat. Il gioiellino del disco, però, è proprio la opener, con il suo refrain catchy e la ritmica pulsante e indiavolata, un brano su cui sembra essere stato preparato anche un video clip. Non mancano più in là delle atmosfere più riflessive e ogni tanto sbucano dei cori femminili ad addolcire la freddezza degli effetti elettronici, tutti elementi che armonizzano il disco facendolo scorrere abbastanza bene e facendolo risultare un buon prodotto, anche se non originale al cento per cento. La voce di Nilson, poi, è assolutamente indicata ad interpretare ogni singolo brano, sia quando è più intimista, sia nelle parti più aggressive, ma siamo costretti a far notare anche in questo caso una vaga somiglianza con il più fortunato Edlund, segno che, come spesso accade, le vendette degli ex nella musica non commerciale raramente pagano. Un lavoro ben fatto, ma Johnny Hagel può fare ancora di meglio e lo sappiamo bene.
Recensione a cura di Ivano Triggiani

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