Tornano dopo 5 anni di silenzio i
To/Die/For, a parere di chi scrive uno dei più sottovalutati (assieme al supergruppo
For My Pain..) gruppi del panorama Gothic Metal scandinavo prima e mondiale poi, capaci di attirare su di se le attenzioni di tanti addetti ai lavori nel 2003 all'uscita del loro terzo disco "
Jaded", salvo scivolare immeritatamente nell'oblio in favore dei "soliti" mostri sacri del genere.
Tornano in formazione ampiamente rimaneggiata rispetto all'ultimo lavoro "
Wounds Wide Open", presentando qualche innesto del tutto nuovo,
Matti Huopainen alla batteria e
Eza Viren al basso, qualche volto già noto in passato,
Antti-Matti Talala e
Juppe Sutela alle chitarre e
Jussi-Mikko Salminen alle tastiere e il sempre presente
Jape Peratalo dietro il microfono.
A riguardo non fatevi ingannare dalla line-up qui accanto: Jape Von Crow non è nient'altro che il nome d'arte che il buon Peratalo si è scelto per questa nuova avventura targata To/Die/For, scelta a tratti discutibile data la prevedibilità del nickname ma atta a rimarcare le radici innegabilmente gotiche e funereo-amorose del gruppo.
La formazione è per metà la stessa che nel 2005 ha sfornato "
IV", manco a dirlo quarto sforzo dei finnici, disco di buona caratura ma sicuramente figlio illegittimo di quel capolavoro che fu il già citato "Jaded" del 2003.
I due nuovi innesti frullano un po' il composto creato dai To/Die/For nel 2011 ma i sentori di quel disco sono fortemente presenti, avvicinandosi a volte troppo a quanto prodotto dai
Sentenced prima e dai
Poisonblack dopo, anche e soprattutto per "colpa" della voce di Perat..sorry, Von Crow, qui troppo forzatamente simile a quella di Ville Laihiala. Se in tutto questo includiamo che la parte finale di "
Damned Rapture" è in tutto e per tutto identica all'outro di "The Cold White Light", con il canto dei cigni e il resto, in alcuni frangenti il sentore di plagio diventa un fetore decisamente poco piacevole.
Ma a parte questo, "
Samsara" è un buonissimo disco di Gothic Metal, dimostrazione che i finlandesi non hanno mai spesso di comporre ottima musica, pur con le differenze del caso dovute agli anni e ai numerosi cambi di formazione.
Niente a che vedere con i capolavori "Dying Embers", "I (Just) Died in Your Arms" o "Endlessly", ma "
Kissing the Flames", "
Cry for Love" e in particolare la bellissima "
Hail of Bullets" fanno la loro porca figura all'interno della discografia degli scandinavi, portando il loro nome ancora una volta sulla bocca di tutti, accando ai già citati Poisonblack e agli immarcescibili
HIM.
Unica nota dolente sono le due "ballad", se così le possiamo chiamare, ovvero "
Raving Hearts" e "
Oblivion:Vision", tracce semi-acustiche in cui la voce di Von Crow si dimostra totalmente inadatta e a tratti realmente fastidiosa, macchiando purtroppo in maniera indelebile il giudizio finale sul disco.
Un disco in chiaro/scuro insomma, come il genere proposto dai
To/Die/For ci imporrebbe. Il fatto è che qui ad essere ambigua è la proposta musicale, che va da pezzi molto buoni a pezzi discreti a pezzi pessimi. Una sufficienza piena che sarebbe potuta essere qualcosa di più, senza i due lenti. Un peccato.
Quoth the Raven, Nevermore..
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