5 canzoni e 1 ora di musica, questo è il primo dettaglio che salta all'occhio dando uno sguardo di sfuggita ai dettagli di "
Celestial Harmonies", primo sforzo sulla lunga distanza dei perugini
Lunocode, prima conosciuti come Anima.
Dopo il primo giro di ascolti invece il dettaglio che più colpisce è che quest'ora di musica è davvero di buon livello, ben spalmata sulle 5 tracce a nostra disposizione, con un favore particolare verso la conclusiva "
The Origin of Matter and Mind", vera e propria suite di quasi 30 minuti, composta praticamente da 6 sezioni distinte e molto differenti tra loro, con in comune un concept che ci racconta di molteplici universi e di individui comandati da un unico architetto supremo, Albert II, del quale avremo l'occasione di ascoltare la voce proprio nell'ultima parte della suite.
E dopo questa intro senza punti ma con tante virgole, parliamo dei Lunocode e della loro musica. Di cosa si tratta? Fondamentalmente di un prog metal dalle lievi venature power, influenzato in maniera evidente da un prog rock anni '70-'80, suonato in maniera impeccabile e accompagnato degnamente dalla voce di
Daphne, che è andata a sostituire la precedente cantante Cecilia.
E c'è da dire che la sostituzione è stata quantomai azzeccata e ha aiutato i
Lunocode a virare verso tinte più prog e meno power rispetto al precedente EP, risultando decisamente più interessanti rispetto al passato e evitando gli a volte fastidiosi tentativi di Cecilia di raggiungere note troppo alte.
Il risultato è quindi un mix molto ben riuscito di rock ("
Heart of the World") e metal ("
Sin Cara"), il tutto accompagnato sempre e comunque dal prefisso "prog", dettaglio che esplode in tutta il suo significato più puro proprio nella già citata suite finale, summa del lavoro svolto dai Lunocode su "
Celestial Harmonies".
Tra le note positive bisogna citare anche la presenza del chitarrista dei Labyrinth
Olaf Thorsen sulla terza traccia "
Indifference", oltre che la solita, bellissima copertina, così com'era stato per "Last Day of the Earth", segno che il buon gusto non passa mai di moda.
Un disco molto promettente insomma per questa band nostrana, che ha dimostrato di sapersi evolvere nel giro di un anno, ben adattandosi ai cambiamenti di line-up e scoprendo un sound parzialmente nuovo e assolutamente nelle proprie corde. Bravi
Lunocode, continuate così!
Quoth the Raven, Nevermore..
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