Parafrasando i titoli dei loro lavori si può tranquillamente affermare che i
Real Illusion di Davide Fontanel sono passati dalla
realtà chimerica di una forma d’ibridazione sonora abbastanza impegnativa e ambiziosa ad un’effettiva
armonia di tale contaminazione, e di aver ottenuto il lusinghiero risultato attraversando un doveroso percorso di riflessione interiore, atto ad individuare in modo preciso gli obiettivi di una
ricerca così composita e stratificata.
Dopo “An illusory reality” e l’Ep “What are you looking for?”, il nuovo “The union” riesce a consolidare le importanti doti del gruppo già evidenziate in passato e conquista immediatamente per come la difficile fusione tra fonti ispirative apparentemente piuttosto distanti assume, nei cinquanta minuti di durata del disco, una configurazione assai focalizzata e “naturale”, in grado di svelare e avvalorare i cromosomi di una band di caratura superiore.
Le inquietudini di Tool, A Perfect Circle e Muse s’intrecciano con il
metal più drammatico ed enfatico di Savatage e Crimson Glory (a cui magari aggiungere qualcosa dei Metallica del “Black album”) e con l’
hard rock evocativo di Rainbow e Black Sabbath (Dio-
era), dando origine ad un impasto coerente ed espressivo, superiore alla somma delle singole parti e in cui un
songwriting mai approssimativo e buoni arrangiamenti fungono da indispensabile
leitmotiv alla sua esposizione artistica.
Non un mero esercizio di stile, dunque, ma un suono lontano dall’inerzia e ricco di tensione, capace di essere sfaccettato e tuttavia pure equilibrato e non dispersivo, che mostra qualche modesta indecisione solamente a causa dei limiti intrinseci di un’autoproduzione (per quanto assai professionale, anche sotto il
variopinto profilo grafico) e di sporadiche prolissità, anch’esse facilmente superabili con il contributo “attivo” di un patrocinio discografico di livello.
La collezione di canzoni contenuta nel Cd saprà condurvi in un universo fatto di turbamenti e catarsi (“I want to be”, “The union”), di lirismo magniloquente e brumoso (“One more time”, “The road of no return”, i gioiellini “Distances” e “Water’s drops”), di vibranti malie elettro-acustiche (“In the middle of the sky”, “Plastic soul” e la leggermente meno efficace “Origins”), il tutto scandito dalla bella voce di Fontanel, in grado di destreggiarsi piuttosto bene in tutte le diverse situazioni interpretative.
I Real Illusion non possono più rimanere nascosti nel culto di pochi
fortunati, è tempo che il loro essere fondamentalmente “classici” senza apparire “nostalgici” si riveli al “mondo” in maniera capillare e incondizionata … non resta che attendere, con
incrollabile fiducia, “l’inevitabile” …
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