Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2012
Durata:61 min.
Distribuzione:Naturmacht Productions

Tracklist

  1. EXPLICIT
  2. I MET YOU IN HEAVEN AND HELL
  3. SHADOW I BEAR
  4. THE KING'S ALONE
  5. DOWN ON YOU
  6. HER WHITE BODY, FROM THE COLDEST WINTER
  7. LAST WINTER I DIED
  8. THE WAY
  9. WITHIN YOUR SCARS
  10. UNREAL
  11. I FADE
  12. ARMY OF WINTER (MARCH OF THE THOUSAND VOICES)

Line up

  • Mist: all instruments

Voto medio utenti

Non è passato molto tempo da quando ho recensito “Heart of the autumnsphere”, mini CD di debutto dei Dead Summer Society, ed ecco che Mist torna ad ammaliarci con le sue splendide melodie… Come è ovvio che sia “Visions from a thousand lives” è la logica prosecuzione di quanto proposto nel debut, anche se qualche novità interessante c’è, a dimostrazione della maturità musicale del chitarrista/factotum (si è occupato lui di suonare tutti gli strumenti), capace di giocare con la propria musica, rimaneggiandola a dovere, senza per questo perdere minimamente il proprio trade mark. La differenza più evidente che salta subito alle orecchie riguarda il fatto che, rispetto all’altro CD, questa volta nei brani sono presenti delle voci, sia maschili che femminili. Niente più brani completamente strumentali, quindi, ma non solo… Ascoltando attentamente l’album si nota anche un lieve cambio stilistico, in quanto sono presenti molti più riff pesanti, e addirittura ci sono degli intermezzi ai limiti del black, che vanno a stemperare l’andamento quasi sempre malinconico e onirico dei brani. E questo è deducibile già dal terzo pezzo, la lunga “Shadow I bear”, che peraltro non è l’unico episodio lungo, in quanto ci sono anche brani che sfiorano di poco i 10 minuti. Ma non pensate che questo sia un problema, in quanto la capacità compositiva del chitarrista rende il tutto avvincente e poco noioso, anche sulla lunga distanza. Vediamo di capire, a questo punto, come l’innesto delle voci abbia modificato la proposta del gruppo… Per quanto riguarda la parte maschile, ho apprezzato abbastanza il lavoro svolto da Trismegisto (Cult of Vampirysm, Teeth and Thorns), sia nei momenti ‘sussurrati’, sia in quelli più incazzati, dove growl e scream si alternano a seconda dell’atmosfera dei brani. Un po’ meno mi hanno convinto, invece, le due fanciulle, in particolare Claudia, che si occupa delle parti narrate, a mio avviso poco incisive e un po’ troppo smielate, mentre le cose migliorano quando a cantare è Federica, che si occupa delle parti più liriche. Altra cosa che non mi ha convinto appieno, e così finiamo con le critiche negative, è la batteria, programmata, e con una scelta dei suoni non proprio impeccabile. Non sempre riesce a spingere bene i brani, soprattutto nelle parti più estreme, e la mancanza di un vero drummer che pesta sui tamburi si sente, purtroppo. Tutto sommato non si tratta di gravi pecche, soprattutto considerando che vengono assolutamente messe in secondo piano se andiamo ad analizzare il compito svolto da Mist, davvero egregio, sia con le chitarre, che con le tastiere. Nel primo caso ci troviamo, come sempre, dinanzi ad un ottimo lavoro, sia in fase di riffing, sia quando il nostro si cimenta con delicati arpeggi, soprattutto visto che questi due aspetti della sua musica spesso e volentieri si rincorrono e si intrecciano alla perfezione, anche se le parti più toccanti restano le ottime armonizzazioni che fanno ormai parte del suo DNA. Ad arricchire il tutto troviamo delicati tappeti di keyboards, che donano ai brani quel tocco decadente e dark tipico di gruppi quali My Dying Bride, Katatonia, Tiamat, che restano i punti di riferimenti della band, anche se, inutile sottolinearlo, si tratta soltanto di piccole influenze, in quanto i Dead Summer Society non sono la copia di nessuno, hanno un loro stile, e basta ascoltare brani come “The king’s alone”, “I met you in Heaven and Hell” o “Her white body, from the coldest winter” per capire di cosa sto parlando. Messi in naftalina (definitivamente? vedremo…) gli How like a winter, Mist ha messo anima e corpo in questo suo nuovo progetto (ma non finisce qui, in quanto attualmente è impegnato anche in un altro gruppo, i Temple Of Prometeo), che va seguito con attenzione da tutti gli amanti di sonorità pregne di dolore e di malinconia. Le sue capacità compositive sono innegabili, e l’ha confermato di nuovo con questo “Visions from a thousand lives”, andando ad arricchire ulteriormente la variegata scena metal della nostra penisola.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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