Un progetto tutto italiano, che coinvolge musicisti di formazioni doom, psych-rock e affini, vedi
Doomraiser, Blackland, Der Noir, cioè parte della variegata galassia musicale che ruota intorno alla label Blood Rock.
L’idea di base è quella di trovare un punto d’incontro personale tra le atmosfere plumbee del doom ed una venatura rock più libera e malleabile, dal sapore leggermente psichedelico. Da tali premesse sono nati sei estesi brani (“Whales”, canto delle balene, è solo una breve introduzione), dinamici ma dai toni perlopiù pacati e riflessivi, dove gli spigoli taglienti sono stati smussati in cambio della maggiore ricercatezza dei suoni e degli intrecci, talvolta di gusto progressivo. Nel disco non s’incontrano le solite lentezze pachidermiche o il rumoroso sludge d’assalto, perché l’aspetto oscuro viene condensato nel feeling strisciante e dilatato nonché nei criptici testi prevalentemente in italiano (“Memorie dal sottosuolo, Guardiano della soglia”). L’alternativa compare nei ritmi pulsanti che ricordano lo stoner più evoluto, senza accelerazioni o interminabili schitarrate “trippy” (“Viracocha, Raptus”). Il tocco acido emerge un po’ ovunque, ma è votato al cosmo interiore anziché alle smisurate immensità spaziali (“Dal limbo”) e piuttosto richiama la corrente dark-prog italiana anni ’70 (“Jesod”).
Disco interessante, che però lascia una sensazione d’incompiutezza, come se i musicisti si fossero trattenuti per non alterare l’equilibrio generale e quindi non abbiano espresso tutto il loro potenziale. Perciò l’esperimento merita di essere ripetuto, nella convinzione che un eventuale secondo capitolo svilupperebbe meglio le buone idee di questa band.
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