"Midnight madness" rappresenta il ritorno della band di Marc LaFrance, ex cantante dei Blackstone (oltre che collaboratore tra gli altri di un certo Bon Jovi), dopo l'esordio uscito nel 2001 intitolato "From the hip". Il suono di questa band canadese è fortemente influenzato della scena pop/aor anni '80 e quindi dai gruppi che fecero grande quel tipo di proposta musicale: Foreigner, Loverboy, John Waite, Survivor, fino ai Chicago. Il disco in generale è abbastanza piacevole, scorre via lasciandosi ascoltare, a parte forse qualche episodio più deboluccio come "I can't get over", "Girl like you", "It must be magic" o la pop "More things change" (non male il ritornello ma quei "claps"…) dove le melodie un po' stucchevoli e troppo "zuccherose" rischiano di innalzarvi prepotentemente il livello di glicemia. Le tastiere suonate con discreta maestria da Dave Pickell caratterizzano in modo significativo tutti i brani del disco, molto più che non la chitarra di Doug Edwards, che riesce raramente a farsi rispettare (come in "Skin deep" o seppur in maniera minore in "All through the night" per esempio). "Somewhere in time" è una ballatona sicuramente ben realizzata che alla fine risulterà uno degli highlight dell'intero platter e "Into the night" è una traccia molto "canadese" caratterizzata da un discreto guitar solo e da una buona prestazione vocale, così come non è male nemmeno la title-track con il suo coro catchy e ispirato. La grande professionalità ed esperienza dei First Shot, sia in fase compositiva che in quella esecutiva, contraddistingue tutte le canzoni dell'album, il cui principale difetto è probabilmente proprio quello dell'assenza di "scintille", di un qualcosa che si faccia ricordare, che ti distolga da quello che stai facendo e ti costringa a piazzarti davanti alle casse dello stereo ad ascoltare senza distrazioni.
Ovviamente se considerate l'originalità come caratteristica fondamentale per la buona riuscita di una produzione discografica è meglio rivolgersi verso altri lidi, mentre se cercate un suono che vi riporti ai gloriosi anni '80 e al rock ipermelodico delle bands già precedentemente citate, sicuramente derivativo e datato, ma nondimeno sincero e ottimamente eseguito, questi canuck rockers potranno essere un'ottima occasione per un gustoso tuffo nel passato.
P.S. da segnalare la presenza della ghost track "Oh why"
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