Sono ben poche le band che hanno saputo essere trasversalmente influenti come i
Killing Joke: nati a Cheltenham in Inghilterra nel 1979, la band capitanata dal cantante/tastierista
Jaz Coleman e dal chitarrista
Geordie Walker infatti inizia a muoversi in territori post-punk caratterizzati tuttavia da un suono piú pesante ed oscuro rispetto ad altre band del genere, accentuato dalla voce graffiante ed abrasiva di Coleman e dal riffing di Walker. A rendere ancora piú controversa ed estrema l'immagine del gruppo ha influito anche la scelta di usare un immaginario provocatorio e volutamente shockante, nonché pregno di black humor che molto spesso ha creato polemiche intorno al gruppo ma anche, come prevedibile, una buona dose di pubblicitá gratuita. Non stupisce quindi che tante band rock e metal come
Nine Inch Nails,
Napalm Death,
Fear Factory fino ai
Metallica (che coverizzarono
"The Wait" nel celeberrimo
"Garage Inc.") citino i Killing Joke come fonte di ispirazione per la propria musica, senza contare gli innumerevoli artisti al di fuori della ristretta cerchia metal che negli anni hanno guardato al gruppo come proprio nume tutelare.
La band nel corso degli anni e dei dischi ha sempre cercato di evolvere il proprio sound, in alcuni casi anche cercando un maggiore riscontro mediatico ed un appeal piú commerciale come testimoniano lavori come
"Night Time" (1985) o
"Brighter Than A Thousand Suns" (1987), con alterne fortune ma senza mai sacrificare totalmente i tratti caratteristici della propria musica. Basti pensare al giá citato "Night Time", che seppure tenti un approccio piú diretto e easy listening anche per mezzo di refrain orecchiabili non suona mai smaccatamente commerciale e si attesta su ottimi livelli artistici.
La band mantiene un'attivitá discografica e concertistica costante fino al 1996, anno in cui i Killing Joke si prendono una pausa a tempo indeterminato: ci vorranno 6 anni prima che il gruppo torni in carreggiata e torni con il loro secondo album omonimo con
Dave Grohl alla batteria a cui fa seguito
"Hosannas From The Basements Of Hell" nel 2006: il disco prende il proprio titolo dallo studio in cui é stato registrato, il famoso Hell che é lo studio sotterraneo piú oscuro degli
Studio Faust Records del produttore Richard "Faust" Mader a Praga.
Con questo lavoro il gruppo torna alle radici della propria musica, optando per un approccio decisamente grezzo ed un'attitudine live sin dalle registrazionI: la band infatti fa ampio uso di strumentazioni vintage e d'annata risalenti agli anni '70 e soprattutto registra il disco per mezzo di vere e proprie sessioni dal vivo, anziché registrare uno strumento alla volta per dare al disco un taglio quanto piú live possibile. Durante l'arco di tutti i 62 minuti di durata il disco non subisce mai cali di tensione e mette in luce un songwriting ispirato e vibrante che affonda le proprie radici nel post-punk primordiale ma fornendone una rivisitazione attuale e moderna, al passo con i tempi. La chitarra di Kevin Walker é in stato di grazia e sforna una sequenza di brani memorabili, in cui l'irruenza tipica del punk si fonde con sfumature new wave e goth, tra riff crudi ed open chords oscuri che dipingono a tinte fosche questo
"Hosannas From The Basements Of Hell". Il substrato costante dei sintetizzatori ad opera di Coleman dona ai pezzi un carattere irrequieto ed a tratti apocalittico e contribuisce a rendere la musica dei Killing Joke stratificata e ricca di sfumature, con il basso di Paul Walker (che purtroppo morirá l'anno successivo) ad accentuarne i toni grevi e cupi. Su tutto poi torreggia la voce cosí unica e inimitabile di Jaz Coleman che spazia da toni drammatici con la sua voce quasi strozzata ad aperture melodiche che fanno filtrare qualche timido raggio di luce nell'oscuritá quasi impenetrabile che caratterizza il disco.
Risulta davvero difficile indicare un brano o una serie di brani che spiccano in tracklist, dal momento che come giá detto il livello compositivo di "Hosannas From The Basements Of Hell" si mantiene su livelli altissimi per tutta la durata del disco e non accusa cali di sorta: siamo dinnanzi ad un lavoro che merita di essere ascoltato nella sua interezza, dall'inizio alla fine piú e piú volte per poter entrare nei suoi meandri e rimanerne affascinati, cogliendo le sue varie sfumature e i differenti mood. Mi limito quindi a citare i miei brani preferiti del lotto, anche se questo mi provoca un certo senso di colpa nei confronti degli altri pezzi: la scapocciosa
"This Tribal Antidote", la apocalittica e quasi sinfonica titletrack, la tribale
"Invocation", l'incalzante e quasi danzereccia
"Walking With Gods" e la conclusiva e quasi doomy
"Gratitude".
La ciliegina sulla torta del disco è rappresentata dalla splendida copertina ad opera del russo
Viktor Safonkin, che con il suo stile surreale ed i colori accesi si presta davvero bene a rappresentare l'anima caotica e tumultuosa dei Killing Joke.
In conclusione, "Hosannas From The Basements Of Hell" é l'ennesima riprova della grandezza di una band che ha saputo essere seminale e reinventarsi negli anni, senza snaturarsi e rimanendo anzi al passo con i tempi in maniera coerente e convincente. Chapeau!
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