Avete presente quando siete in macchina di notte, con una nebbia così fitta da riuscire a vedere a stento il tachimetro, improvvisamente incontrate un’altra auto per strada, gli state incollati al culo sperando che faccia il vostro stesso tragitto, e quando questa si sposta senza preavviso sulla carreggiata prendete una bella buca con tutte le esternazioni di felicità dovute alle circostanze? E magari a guardare la strada da voi forse l’avreste scansata.
Ecco, gli Amberian Dawn con
Circus Black hanno preso una buca pure profonda e non è nemmeno la prima, strano però che vanno avanti tranquilli come se niente fosse e ci ripassano pure sopra! Ed è chiaro come il sole, altro che nebbia!
E tutto questo per seguire chi sta davanti…
Partiamo dal songwriting, in linea di massima decente e a prima vista anche ben articolato, che gira intorno a leggende e visioni varie, ma che presenta troppe analogie con i loro conterranei Nightwish, tra l’altro spudoratamente palesi al limite dell’assenza di autostima. Continuiamo. Il circo, bene, un tema ricorrente che offre innumerevoli fonti di ispirazione ma a parte due brani -DUE!- cosa diavolo c’entrano gli altri? Davvero era necessaria quest'emulazione? E anche la copertina, con tutti i modi in cui si poteva disegnare il tendone di un circo… ancora a inseguire...
Non è per essere cattivo (per quello già c’è Graz!) ma lo dico anche per loro, nella speranza che prima o poi rivedano il loro progetto che non mi pare navighi in buone acque, seppur alla fonte (River of Tuoni) non sembravano così torbide.
Circus Black ha poco da offrire se non il solito rimpasto symphonic power gothic inteso nel più stereotipato dei modi, fortunatamente arrivano a supporto degli Amberian Dawn due quinti degli Stratovarius per salvare il salvabile: il singer
Timo Kotipelto in
“Cold Kiss” e, scontato dirlo, il risultato é garantito, e
Jen Johansson in
“Crimson Flower” e anche qui il tocco esperto del tastierista si sente eccome. Quest’ultimo brano e
“Fight” comprendono anche le migliori interpretazioni di Heidi Parviainen che avrà sì delle doti vocali di pregio, ma per gran parte dell’album risulta poco dinamica, forse trascinata da un ambiente musicale anch’esso monotono, realizzato sui cliché più sfruttati di questo genere di metal dando ulteriori basi a chi proprio non lo digerisce.
Ottimi invece gli sfondi sinfonici a cui va dato il merito di tenere in piedi un’opera abbastanza tremolante.
Volendo ignorare la scarsa inventiva e la ridondanza della proposta magari si può anche tentare l’ascolto, ma come si fa?
Un consiglio per il futuro: mantenete la distanza di sicurezza, altrimenti potreste farvi male e se vi beccano vi tolgono anche dei punti.
Punti che al momento sono pochi.