Dopo tanti anni di gavetta e tanti cambiamenti nella line-up, il debutto ufficiale degli
In-Sight rappresenta una vittoria. Una vittoria della perseveranza, della passione e del sudore, che dopo 16 anni dalla formazione porta finalmente la band verso le vetrine che merita. Un plauso particolare, per il lieto fine di questo lungo e tortuoso viaggio, è da tributare al talentuoso drummer
Gianluca “Mek” Melchiori, mastermind del gruppo lombardo, che senza mai mollare ha portato gli In-Sight per mano attraverso gli anni.
L’ascolto di
From The Depths ci consegna una band fatta e finita, con uno stile che pesca a piene mani da quanto di buono fatto finora in ambito death melodico (soprattutto dalle parti della Svezia), con qualche spruzzata di metalcore, ma che riesce ad essere decisamente personale e riconoscibile quanto basta per far lievitare il voto e apprezzare gli sforzi in fase di songwriting. I riff taglienti e carichi di groove, la violenza mai cieca ma sempre controllata e centrata sull’obiettivo e l’ottima tecnica dei musicisti rendono questo album l’ennesimo lavoro italiano da prendere in considerazione e da sbattere in faccia alle tante schifezze che arrivano dall’estero. Un altro pregio, non comune da trovare in giro, è il fatto di non rilevare cali di tensione o episodi meno riusciti negli otto (più intro) brani proposti, che riescono a tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore dall’inizio alla fine, anche grazie ad una discreta varietà melodica e ritmica.
Grande merito, infine, è da riservare alla cura maniacale con cui vengono miscelate le due voci, che diventano il vero e proprio marchio di fabbrica della band: il buon growl di
Andrea Pecora e la delicata energia femminile di
Emanuela Antonelli. I due singer si alternano e si sovrappongono con un’efficacia davvero sorprendente, tecnicamente ineccepibile, in cui nulla è lasciato al caso, riuscendo ad aggiungere ancora più valore al massiccio sottofondo strumentale.
Andate a scoprire questa ennesima realtà da tenere d’occhio e, se avete una certa età, non fatevi spaventare dalla produzione moderna e decisamente pomposa, perché un po’ di ruffianeria nei confronti dei più giovani è un peccato veniale che si può anche perdonare. Per ora sette e mezzo bello pieno e meritato per un debutto eccellente, con l’augurio che questo sia solo il punto di partenza. Con un po’ di accortezza in più in fase di scrittura e una line-up finalmente stabile e matura, in futuro questa band potrebbe regalarci qualcosa di veramente spettacolare.
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