Per recensire il nuovo album dei
Delain, potrei fare un copia-incolla di quanto da me scritto, ormai un anno fa, in occasione di “
The Unforgiving” dei 'fratelli maggiori' Within Temptation. Sì, perché anche in questo caso, la band ha fatto centro pieno. Pienissimo.
Questo terzo album, “
We are the Others”, è l’ennesimo passo avanti di una band che non punta solo sulla presenza (scenica e vocale) di
Charlotte Wessels, ma che riconosce e sfrutta, adesso al massimo delle sue potenzialità, una band di musicisti preparati ed intelligenti nell’arrangiare. I nuovi brani, e sono ben 12, potrebbero essere tutti dei singoli, nessuno escluso. Una cura maniacale del sound, chitarre grosse e (quasi sempre) a 7 corde, e finalmente linee vocali non banali, che permettono alla bella Charlotte di veleggiare usando l’intero spettro sonoro, e riducendo un po’ le parti in falsetto, per dare spazio più all’interpretazione che all’esecuzione. E che interpretazione! In questo album, infatti, la bella olandesina si supera, sfoderando una prestazione da incorniciare, che grazie alla splendida produzione rende merito ad ogni sussurro, ogni parola, ogni impennata della sua bella voce. Ma siamo solo all’inizio: qui tutto è curatissimo, anche i testi in questo album sono scritti in maniera migliore e meno scontata che in passato, ed una produzione superba ci consegna uno dei più bei dischi di symphonic metal degli ultimi anni.
Inutile farvi un track-by-track: da “
Mother Machine” giù giù fino a “
Not Enough”, è un continuo susseguirsi di riff azzeccati, sezioni ritmiche potentissime ed una voce stre-pi-to-sa, il tutto condito da inserti orchestrali e/o corali, e mixato con la sapienza dei grandi. Ascoltate l’inaspettato quanto splendidamente riuscito duetto con
Burton C. Bell in “
Where is the Blood”, perdetevi nei ritornelli a squarciagola di “
We are the Others” o “
Electricity”, ascoltate le hit singles “
Generation Me” o la splendida “
Babylon”… Insomma, “We are the Others” è una collezione di riffs azzeccati, di ritornelli indelebili e di canzoni corte e di presa sicurissima.
Commercialotto, dite? Lo è, eccome, ma non confondiamo 'commerciale' con 'banale'; saper fare un disco commerciale non è affatto facile. I Delain non fanno black, jazz o ebm, e questo disco è stato concepito per fare l’anima dei soldi. E se li farà, come credo, saranno tutti ben meritati. Resisterà al test del tempo? Ce lo dirà solo il tempo medesimo. Per il momento, vi do il benvenuto al più bel disco dei Delain.