Eccoci al via dell’impresa di Douglas R. Docker, polistrumentista di origini francesi e americane che ha a lungo vissuto in Italia dove ha intrapreso una carriera di ricercatore in campo musicale oltre ad aver fondato la band Area 51; ha anche collaborato sulla scena internazionale con band come Biloxi o Rustfield. Adesso, dopo anni di lavoro, si circonda di un cast musicisti di spessore e dai nomi importanti (che vedete qui a fianco) e dà il via al suo progetto solista Docker’s Guild, incentrato sulla realizzazione di
The Mystic Technocracy un’opera divisa in cinque stagioni. Il primo capitolo porta il nome
Season 1: The Age of Ignorance.La tecnocrazia mistica che ci viene presentata è una ricostruzione, realizzata su toni di fantascienza, delle origini della vita sulla Terra (vista nel nostro caso -in questa prima parte- come il frutto di un’ibridazione aliena e di manipolazioni del dna) e dell’indottrinamento della razza umana per meglio essere controllata. Il tutto attraversando le maggiori cosmogonie e teorie escatologiche di varie religioni. Nello sviluppo dell’album Docker si sofferma sul fatto che siamo potenzialmente tutti figli di un dio minore, qualunque esso sia, a sua volta ideato da un’indefinita razza aliena, il messaggio è proprio questo: perché continuare a scannarci per nulla? Ci tiene infatti a sottolineare che l’intento non è di realizzare un’opera che svaluti i diversi credi chiamati in causa, ma demonizzare l’ignoranza che spesso ne è derivata e ha portato a guerre fratricide indette in nome della religione. Ma io non lo considererei un sermone.
Lo stile è come avrete sicuramente intuito tipico della realizzazioni degli Ayreon di Arjen Lucassen e anche le ambizioni vanno chiaramente in questa direzione, a cominciare appunto dalle partecipazioni e dall’impostazione del progetto come concept a più episodi.
Che Docker sia un musicista e compositore di alto livello lo si nota subito, sin dalle prime battute della strumentale
“A Matter of Energy”; l’orchestrazione è perfetta e ogni elemento è ben inserito e calzante con la base prog-rock costruita da tastiere e synth, questi ultimi più che prevalere fanno da collante in un concerto di suoni e voci. Si poteva però dar più respiro agli strumenti orchestrali coinvolti.
I vocalist che si alternano, o collaborano, al microfono inscenano una polifonia coinvolgente e ben legata, sottolineando anche l’aspetto per certi versi teatrale di questo componimento, mentre il songwriting è estremamente ricercato come si poteva ben sperare dall’ambiziosa dichiarazione di intenti.
Manifesto dell’opera è ovviamente
“The Mystic Technocracy” che presenta anche dei riff un tantino più pesanti e un assolo più elaborato – cosa ripresa anche se solo in parte in
“Judeo Christian Cosmogony”- costituendo l’uscita maggiormente orientata sul metal dell’intero disco e magari avrà voluto strizzarci l’occhio sulle sue prossime composizioni. La prima parte di
“Norse Cosmogony” è di fatto un pezzo narrativo, costituito in gran parte da una declinazione di versi in lingua nordica sulla base di un pianoforte con lo scoppiettio di un fuoco come sottofondo: quando i dettagli fanno la differenza…
“The Secret of DNA (Part 1)” - "Purple Orb” - “The Secret of DNA (Part 2)” sono invece un terzetto che apparirà nella versione definitiva dell’album divisa in tre singoli pezzi differenti, mentre nella versione promozionale che ci è stata inviata costituiscono un’unica suite, sarebbe stato meglio lasciarla com’era per un risultato migliore. Ci troverete il suono di organi nonché qualche nota di una probabile versione space-prog dell’
Ave Maria di Schubert (io gli avrei concesso almeno una trentina di secondi!).
Finale che esprime consapevolezza, sia nel testo che nella musica, con
“Black Swans” e una produzione superba vanno ad aggiungere valore all’album.
Adesso, visto che ormai il paragone (pesante) era d’obbligo, la domanda da un milione di dollari… Sono stati al livello della squadra di Lucassen? Non del tutto, non ancora almeno, manca ancora quel tocco in più e un azzardo maggiore sull’inserimento di sonorità divergenti dalla struttura progressive, ma Docker è in corsia preferenziale e ha ingranato la marcia giusta.
Per quanto riguarda invece la domanda da venti euro, più o meno il prezzo del cd… E’ un disco da comprare? Correte a farlo vostro!