Mettiamolo subito in chiaro, "Drugstore Hell" ha un compito non facile: quello di mantenere le aspettative create dal suo predecessore, "Corpse Breed Syndrome".
Tra i due dischi sono ormai trascorsi quasi quattro anni, ma i
5 Star Grave non hanno perso per strada né l'energia né la contagiosa spacconeria che li avevano caratterizzati ai tempi del loro album d'esordio, mantenendo inoltre intatta la propria line-up, dando un'ulteriore prova di solidità.
La banalità non è certo di casa nei 5 Star Grave, che pompano nella loro musica massicce ed inquietanti dosi di Misfits, Alice Cooper, Ramones ("Death Times Eleven"), Murderdolls, In Flames, tutte sbattute in un frenetico frullatore, uno di quelli a ...
5 stelle, dal quale fuoriesce poi un torbido ma accattivante mix di Punk, Pop, Hard Rock e Death, Glam e Nu Metal.
Ed i 5 Star Grave non si smentiscono nemmeno a livello lirico, nessun drago dal fiato fetido oppure una madamigella da salvare, ma storie a metà tra il macabro ed il beffardo, come testimonia ampiamente una "Dead Girls Don't Say No" che: no, non è una cover dell'omonimo brano degli Indestroy, ma si rivela altrettanto dissacrante.
Il lavoro svolto dietro al mixer da Tobias Lindell (nei Sound Studios a Gotheburg, in Svezia) ha il pregio di rendere il sound bello pieno e potente, facendo risaltare sia la voce di Claudio Ravinale (certo, non l'ultimo arrivato vista la sua esperienza con Disarmonia Mundi e The Stranded) sia il resto del gruppo, con Hervè De Zulian che merita nuovamente i complimenti sia per non essersi fatto annichilire dalle chitarre di Thierry Bertone e Alessandro Blengino, sia per i passaggi con i quali riesce a caratterizzare ogni singola canzone.
Nulla da stupirsi quindi se sull'opener "Terminal Bedroom" si avvertono influenze Thrash (per quanto
imbastardite) e se "No Devil Lived on" sembra emergere da
reminescenze Death Metal, oppure se le prime battute di "Boy A" ricordano i Crematory, mantenendo poi, nel limite del possibile, un passo pesante e darkeggiante. Il tutto - sempre e comunque - rivisto e
rruminato dai 5 Star Grave che in occasione di "Daddy" sfoggiano un gustoso appeal ammiccante, quasi funky o che con il titolo della conclusiva "Lemmings" mi hanno fatto tornare in mente un vecchio videogame, per quanto io non creda sia il tema affrontato da questa canzone che dopo una breve intro sboccia in uno degli episodi più Heavy del disco.
Forse manca all'appello solo una
nuova "Ain't that Saint", per il resto grande conferma.
Una formazione che ha confermato di avere mezzi e personalità, e se ne avranno l'occasione importante - oppure sapranno ritagliarsela - si dimostreranno all'altezza.
Well, it's a dirty job but someone's gotta do it
And it's a dirty review but someone's gotta write it ...
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