I
Trepalium sono una realtà francese poco nota ai più, fautori di un
Groove/Death Metal dalle spiccate caratteristiche moderne, in cui la componente estrema è messa completamente a favore di un impostazione musicale basata su ritmiche poco veloci e più improntate a fungere da impalcatura per riff di chitarra granitici e potenti, in cui si possono avvertire richiami ed echi tipici di gruppi come i Pantera, non a caso a chiusura del disco c'è la cover di
“I'm Broken”, i Meshuggah e tutte quelle bands che propongono un approccio meno tradizionale e più d'impatto al metallo pesante.
Fino a qui sembrerebbe tutto abbastanza positivo, dando l'idea di un lavoro bello fresco e dinamico, soprattutto vario e fantasioso;
purtroppo non è così! La prima cosa che salta subito all'orecchio dell'ascoltatore è una certa ripetitività dello schema con cui vengono strutturate le canzoni, infatti assistiamo spesso a rallentamenti ai quali seguono piccole accelerazioni che però non fanno mai decollare i brani, i quali rimangono pressoché ancorati su tempi medi sicuramente spaccaossa, ma troppo prevedibili e alla lunga stancanti. Un esempio di quanto detto è riscontrabile già nel brano d'apertura
“Heic Noenum Pax”, che posso tranquillamente considerare come paradigmatico di tutto ciò che verrà dopo, cioè un andamento groovy molto massiccio, accompagnato da una sezione ritmica che lavora di doppia cassa in maniera, debbo riconoscerlo, precisa e martellante, una voce non propriamente growl, ma comunque bella cattiva ed urlata, ed infine dei soli di chitarra ben fatti e convincenti, specialmente quello finale del brano in questione, bello tecnico e pulito. Andando avanti con l'album la situazione non cambia molto, la velocità rimane quella da crociera anche se l'attacco in blast beat di
“Let The Clown Rise” mi aveva fatto sperare in un po' più di varietà, e lo stesso si può dire di quei lontani echi dei Rage Against The Machine presenti in
“Insane Architect”, ma, alla fine, è sempre l'approccio groove a farla da padrone, riportando il tutto agli schemi iniziali.
Oltre alla ripetitività, un altro difetto di questo lavoro è anche la pochezza dei brani, infatti tolte la cover dei Pantera, eseguita senza infamia e senza lode, con un vocalist che fortunatamente non tenta di imitare Anselmo ma offre un'interpretazione coerente ed intensa, e la strumentale “
Raining Past” (con piccoli accenni di chitarra slide intorno al minuto e quindici), il numero totale dei brani si riduce a sette, un po' poco per gli standard attuali di mercato, anche se va riconosciuto che un alto minutaggio non sempre è un salutare per certi album.
In conclusione ci troviamo davanti ad lavoro sicuramente trascinante, in sede live prevedo un bel pogo, e i musicisti coinvolti offrono una prestazione precisa, tecnica e coesa, senza particolari sbavature, ma tutto ciò, per me, non riesce a sopperire ad un'eccessiva reiterazione dello schema
riff schiacciasassi/rallentamento/ritorno del groove/chiusura. Consiglio l'acquisto dell'album a chi ama un certo tipo di sonorità e cerca un lavoro adrenalinico, massiccio e ben suonato, con l'avvertimento che dopo un po' d'ascolti potrebbe finire a prendere un po' della proverbiale polvere. Detto ciò non mi sento di andare oltre il sei e mezzo, dovuto principalmente all'alto tasso tecnico dei vari membri, specialmente degli addetti alla sezione ritmica, capaci di creare un tappeto sonoro bello pesante ed espressivo.
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