I Fleshcrawl , settimo disco per loro, sono una buona band, una band che ha ottime qualità tecniche, ma alla quale manca la scintilla compositiva che le permetta di innalzarsi al di sopra della mischia delle tante band che affollano il panorama estremo generale. Faccio questa premessa per evitare di liquidare questo “Made Of Flesh” come il solito parto di deathsters innamorati delle sonorità nordiche (leggi swedish). In realtà la band è sì brava a giocare con la melodia e con alcuni assoli veramente belli, assoli che hanno un flavour molto gloomy e maligno, ma non perde di vista la brutalità nuda e cruda, brutalità che è presente in dosi abbastanza massicce, soprattutto nell’ugola del singer. Tuttavia il platter sa di già sentito e si perde in un marasma di deja-vù e patterns abusati e stra-abusati che, e di questo non posso tacere, mettono in secondo piano la bravura e l’esperienza della band. Un’altra caratteristica di questo disco è la sua “classicità”, nel senso che ricalca tutti i clichè del genere, e questo se da un lato può essere considerato un pregio per via della riproposizione di schemi già collaudati e affidabili, dall’altro pecca di originalità. Originalità che mai come in questo caso cozza contro il concetto di coerenza, ponendosi agli antipodi. Potrei citarvi la bella copertina che riprende scene “infernali”, ma quante alte volte ne abbiamo viste di simili? E quante altre volte abbiamo letto titoli di songs quali “Flesh Bloody Flesh”, “Forged In Blood”, “Damned In Fire”, “Demons Of The Dead” e via discorrendo? Questo è il Death Metal e su questo non ci piove, ma non sta scritto da nessuna parte che ciò debba per forza rappresentare releases dozzinali, abbruttiti proletari del metallo e anonime catene di montaggio. Forse a voi basta, a me no.
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