Per comprendere fino in
fondo le qualità di
Max Navarro è sufficiente dedicarsi a questo piccolo
esperimento: sedersi comodi, magari di fronte al proprio fedele impianto stereofonico, chiudere gli occhi e ascoltare senza distrazioni “Winter in Chicago”, sesto brano in scaletta di questo nuovo (il terzo, per la cronaca) album del
rocker canadese (ma italiano d’adozione) … sarete avvolti da una melodia struggente e suggestiva, destinata a conquistare irrimediabilmente chi ama quel certo tipo di rock americano “graffiante” eppure adatto alla programmazione radiofonica, figlio della grande tradizione
folk degli USA e al tempo stesso strettamente legato pure all’eccitante raffinatezza dell’
AOR.
Una volta conclusa tal emozionante esperienza, e compreso che Mr. Navarro
davvero può rappresentare senza troppi timori reverenziali un degno erede dei vari Jimmy Ryser, Will T. Massey, John Kilzer e Rick Cua, senza dimenticare i monumenti Bon Jovi, John Mellencamp, Dire Straits, Bryan Adams e Tom Petty, affidarsi al resto del programma sarà fonte di autentica e copiosa soddisfazione, per il raggiungimento della quale, però, sono necessarie, oltre ad un
ovvio interesse per il genere, anche altre due caratteristiche: tollerare rese sonore leggermente sfocate e impastate (il Cd è piuttosto lontano dalla nitidezza talvolta fin
ridondante di tante realizzazioni discografiche contemporanee …) e accettare che anche questa tipologia musicale, normalmente indirizzata all’intrattenimento emotivo, possa trasmettere messaggi di frustrazione, rancore e condanna per una società dominata dal potere di una classe dirigente imbelle,
cannibale e attenta solo ai propri interessi, mentre la crisi economica minaccia il futuro di giovani e meno giovani.
“Hard times” (titolo emblematico, tra l’altro …), un’accorata dedica proprio alle vittime di tale situazione, diventa, così, l’occasione per riflettere e compiacersi tramite un ottimo
songwriting, linee armoniche intriganti, acre lirismo e una voce, sebbene non straordinaria dal punto di vista squisitamente tecnico, certamente espressiva e capace di appassionate e sentite interpretazioni.
“You can rely on”, “Out of bounds”, l’ispiratissimo singolo “Cryin'”, la frizzante “Nothing's guaranteed” e l’avvincente “Poison girl” (Knopfler
docet!) sono altri titoli “guida” di un disco piuttosto riuscito, per un artista dalle enormi potenzialità, troppo poco “pubblicizzato”, ma meritevole di tutta la fiducia che si concede alle personalità di spicco, per le quali il salto di qualità “definitivo”, passante
ineluttabilmente per una produzione più brillante e per appena un pizzico di maggiore coordinamento tecnico-compositivo, appare veramente prossimo … non resta che sostenere questa già appagante forma di
smart easy listening e contribuire ad accelerare il procedimento.
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