Saranno pure tempi moderni, con internet e i social network che impazzano alla grande, accompagnandoci, grazie a smartphones e tablets dalle dimensioni sempre più ridotte, ovunque andiamo, ma io sto notando un grande revival delle produzioni passate, specialmente relative a quel gran decennio, spesso ingiustamente bistrattato, che ci ha donato capolavori immortali come
“Peace Sells... But Who's Buying?” oppure
“Master Of Puppets”. Per non parlare della rinascita del vinile! Chi lo avrebbe mai detto che il buon vecchio, caro e soprattutto fragile discone nero sarebbe riuscito a sopravvivere ai supporti digitali e ai file ultra-compressi noti con il nome di Mp3? Eppure eccoci qui a parlare di dischi che nel corso degli anni sono diventati veri e propri oggetti di culto, cimeli da esibire con cura e rispetto, suscitando l'invidia di tanti appassionati che purtroppo non possono fregiarsi di avere tali lavori nella propria discoteca metallica.
Uno di questi album è sicuramente
“Spectrum Of Death” dei
Morbid Saint, una band entrata davvero nella leggenda dell'Extreme Metal, fautrice di un Thrash/Death molto brutale e violento, per alcuni versi davvero seminale e pionieristico, capace di incorporare all'interno del proprio sound tutto ciò che di marcio e brutale si poteva trovare in giro all'epoca, quindi: voce in proto-scream, batteria sparatissima con frequenti iniezioni di doppia cassa, riffing acido ed alternato da soli di chiara matrice slayeriana, il tutto amalgamato da una produzione abbastanza grezza e “catacombale”, utile ad evidenziare quell'atmosfera malsana e dal retrogusto horror che tanto andava di moda negli anni Ottanta.
I Morbid Saint, però,
non sono solo un copia/incolla delle influenze estreme di un decennio, anzi, questi ragazzi sono riusciti a creare un lavoro eccellente sotto tutti i punti di vista, dando alle stampe un prodotto musicale completo, capace di coniugare perfettamente, soprattutto nei due brani più lunghi:
“Assassin” e
“Scars”, accelerazioni fulminanti e mid tempos spaccaossa, rendendo quindi il lavoro molto vario ed dinamico, facilmente fruibile ma allo stesso non banale o scontato; in poche parole: una
combinazione esplosiva!Ascoltando
“Spectrum Of Death” si può capire perfettamente ciò che si intende quando si parla di lavori storici, infatti l'album in questione è uscito nel
1988, quindi un anno prima di quell'altra bomba ad orologeria chiamata
“Altars Of Madness” dei
Morbid Angel, in un periodo in cui l'utilizzo di triggers, orchestrazioni pompose ed altri artifici da studio di registrazione non erano ancora contemplati, perciò i gruppi dovevano creare le atmosfere e la violenza partendo praticamente dal nulla, mescolando ed interiorizzando le varie influenze estreme presenti sulla scena, cercando di far convivere l'esigenza della brutalità e della velocità con la preoccupazione di non scadere nel già sentito. Onestamente mi sento di dire che i Morbid Saint
hanno centrato completamente l'obiettivo, in quanto, seppur le influenze di maestri come
Slayer e
Possessed sono ben udibili, i nostri sono riusciti comunque a creare un suono personale, con brani davvero variegati e violenti, in cui vi è sempre un equilibrio tra break brutali e parti più cadenzate e ragionate, lasciando anche spazio per soluzioni più atmosferiche, tipo la “liquida” e “melmosa”
title track e le urla che chiudono la conclusiva
“Beyond The Gates Of Hell”.
In conclusione ci troviamo davanti ad un album da collezione (merito alla
Relapse Records per averlo ristampato!), consigliato a chiunque voglia capire e scoprire le radici e l'evoluzione del Metal estremo e anche a chi volesse rilassarsi con un platter grezzo e furioso, ma allo stesso tempo dinamico e divertente, senza cadute di tono o momenti morti.
La storia insegna e noi, da bravi e diligenti scolari, siamo qui per imparare... giusto?