Vi ricordate quando, pochi anni fa, vi parlavo del primo full length dei torinesi
Sound Storm?
Vi ricordate di come, seppur conscio delle potenzialità della band, vi argomentavo di come il loro symphonic metal necessitasse a mio avviso di una maggior personalizzazione e cura nei dettagli?
Vi ricordate, infine, di come concludevo, considerando quel “
Twilight Opera” un buon disco di seconda fascia, ma non molto di più? No? Non vi ricordate niente?? Certo che pure voi, oh! Beh, morale della favola: sono passati due-tre anni, i
Sound Storm hanno sfornato il nuovo “
Immortalia”, ed il
buon vecchio zio Sbranf adesso va in punizione in camera sua, e senza cena. E se non la smette glielo buco, quel pallone.

“
Immortalia” ha fatto quello che il sottoscritto sperava facesse: ha cioè enfatizzato i punti di forza dei Sound Storm, rendendo il power/simphonic dei nostri ancor più riconoscibile, spingendo sul lato cattivo e potente, sganciandosi così in maniera definitiva dall’etichetta “
oh, suonano come i Rhapsody” che molti di noi/voi non digeriscono facilmente. Delusi dalle vicende della
spada di Smeraldo, disadattati non in grado di allinearsi con le
colonne sonore turilliane, adesso c’è pane per i vostri denti. Sì, perché “Immortalia” si regge sulle sue proprie gambe con cocciutaggine, con orgoglio, con la convinzione di chi dice “può piacervi o non piacervi, ma è esattamente la fottuta musica che volevamo fare noi, senza se e senza ma”.
Cinquantasette minuti di symphonic/power metal che, stavolta, poggiano tutto su un sound operistico ma oscuro, dannato e pesante: qui la componente metal non si intravede tra le sviolinate ed i cori magniloquenti, qui si pesta di brutto. Intorno, tutt’intorno, si agitano

,
gobbi di Notre-Dame ad ogni pié sospinto, e principesse che attendono di essere salvate, ma quantomeno alla fine gliela devono dare, al principe, che non siamo qui a pettinare le bambole.

Sorretto da un concept lirico scritto benissimo, “Immortalia” si dipana partendo da un’intro tenebrosa e perfettamente adeguata, per poi cominciare a menare con “
Back to Life”, chiara dichiarazione d’intenti del combo piemontese. Nessun calo dell’attenzione in un album che sfodera prestazioni maiuscole da parte di ogni singolo componente della band, e che ama piazzarsi con tempi velocissimi e pestati con cattiveria; a tutto ciò, fa da perfetto contrappunto la voce (finalmente) libera da (in)volontarie emulazioni di un Filippo Arancio, pardon, Philippe D’Orange, finalmente libero di urlare alla luna la sua rabbia e la potenza delle sue emozioni, accompagnato e ‘decorato’ vocalmente dall’ottima prestazione della soprano Ilaria Lucille De Santis. Drammatici suoni di tastiera faranno il resto, dipingendo scenari barocchi e gotici, a seconda dell’evenienza, che completano una tavolozza sonora/emozionale da applausi. Brani come “
The Curse of the Moon”, “
Promises”, la conclusiva “
The Portrait” basterebbero da soli a convincere della bontà di un prodotto che, stavolta sì, è fatto per vincere. Bastino, a parziale conferma di quanto da me appena blaterato, le conferme live della band, che il 7 agosto aprirà per gli Epica e che poi se ne andrà allegramente in tour con i Tristania. Mica cazzi, come diceva Confucio.
Conclusione: figata. Compratelo. COMPRATE I DISCHI CHE VI PIACCIONO. Se no siamo rovinati. I
Sound Storm meritano attenzione, rispetto, ammirazione. E quindici euro.
Finalmente.