Recensione a cura di Riccardo ArenaPiù che di grandi glorie, la storia della musica racconta di artisti e band che hanno raccolto troppo poco rispetto a quanto avrebbero meritato. Tra queste, nella pur piccola nicchia del progressive metal, una piazza d’onore spetta (purtroppo) ai nostrani
DGM.
Cavalcando l’onda del successo riscosso prima dai
Dream Theater e poi dai
Symphony X, la band capitolina riuscì a catturare l’attenzione degli appassionati del genere grazie a un interessante EP d’esordio (“
Random Access Zone”) e a un discreto primo full-length (quel “
Change Direction” che, si noti bene, è contemporaneo al capolavoro dei
SyX “
The Divine Wings Of Tragedy”).
Fu poi con il magnifico “
Wings Of Time” che i nostri rischiarono seriamente di fare il “botto” commerciale. L’album, pubblicato nel 1999, vendette relativamente bene sia in Italia che all’estero, ma complici anche le difficoltà finanziarie della casa discografica patrocinante (la defunta
Elevate Records) l’album non consentì alla band di compiere quel meritato salto di notorietà che la avrebbe collocata direttamente a ridosso dei big del genere.
Il treno era passato, la crisi del mercato discografico era ormai alle porte, e i successivi gioielli pubblicati dalla band, impreziositi dall’ugola d’oro del subentrato
Titta Tani, non poterono sovvertire quello status di cult band che andava tanto stretto ai DGM. I piccoli capolavori di genere “
Dreamland” e “
Hidden Place”, nonché il buon “
Misplaced”, furono ampiamente apprezzati dalla stampa specializzata e dagli estimatori della band, ma il sogno di ogni musicista, si sa, è quello di vivere della propria musica e le vendite degli album citati garantivano a malapena la copertura delle spese. Fu così che dopo anni di onorata militanza, il mastermind della band
Diego Reali, decise improvvisamente di abbandonare la scena, tra lo sbigottimento dei fan e la sorpresa generale.
Per certi versi fu ancor più sorprendente il fatto che i DGM, nonostante la dipartita dello straordinario chitarrista, nonché principale compositore della band, riuscirono, con
Simone Mularoni (
Empyrios) al timone, a ritrovare nuova linfa e a pubblicare lavori altrettanto validi e coerenti con lo stile della band. Ma questa è un’altra storia.
La nostra, di storia, continua con il buon Diego che, disilluso, cerca nuovi stimoli artistici dedicandosi ad altri progetti musicali, per lo più distanti dal metal.
Ma questo peregrinare in terre straniere poteva durare a lungo? Se siamo qui a recensire l’album degli
Evidence, nuovo progetto dell’ex mastermind dei
DGM, conosciamo già la risposta, che chiaramente è no.
E per fortuna, mi permetto di aggiungere. “
There’s Only Ten Left” è dunque un nuovo capolavoro firmato Diego Reali? La risposta è ancora una volta no, ma senza rammarico alcuno, poiché è comunque uno di quegli album così intensi e carichi di passione che, in tutta la loro onestà, sono in grado di riconciliare con la musica.
Meno barocco rispetto ai DGM, il progetto
Evidence sposta il tiro su sonorità heavy rock mitteleuropee molto dirette e melodiche, senza rinunciare alla potenza e alle scariche di adrenalina proprie di un certo
power metal di matrice americana, ad arrangiamenti più ricercati di scuola progressiva e chiaramente ai sapori neoclassici che da sempre contraddistinguono lo stile chitarristico di
Reali.
Il risultato è un album di intrattenimento puro, che scorre via liscio come l’olio e che, pur senza far gridare al miracolo, reclama che al termine venga schiacciato nuovamente il tasto play. Alla luce della qualità costante che caratterizza l’intero lavoro può essere superfluo citare i singoli brani, per quanto risulti difficile non menzionare la terremotante “
Guiding Light II”, seguito di quella “
Guiding Light” che trainò “
Wings Of Time” dei DGM verso il successo. A dir la verità questa seconda parte ha poco a che spartire con la prima, essendo ben più veloce ed aggressiva, fin quasi a sconfinare nel thrash, ma le sue melodie sono quasi altrettanto contagiose. Se però il refrain di “Guiding Light” entrava in testa fin dal primo ascolto, le numerose melodie di questa seconda parte (non solo quelle del chorus) sono più subdole: al primo ascolto lasciano quasi indifferenti, offuscate dalla velocità delle ritmiche e dall’aggressività delle chitarre, ma poi si radicano a fondo nel cervello dell’ascoltatore, per riaffiorare nella sua mente all’improvviso, inaspettatamente.
Menzione d’onore anche per “
Bleedin’ Games”, che riecheggiando il miglior
Jorn Lande solista rappresenta forse l’attuale punto d’arrivo di Reali nella sua nuova ricerca melodica, e “
Monsters”, in cui una sezione ritmica ultracompatta ad opera di
Stef Reali (fratello di Diego) e del bravissimo
Andrea Arcangeli (ex compagno di Diego e ancora in forza nei DGM) sfociano un refrain semplice ed efficace che apre poi su ispirate sezioni strumentali di chiara scuola DGM.
A questo punto, senza indugiare oltre in un superfluo track by track, non ci resta che parlare delle vocals, che in un album del genere possono rappresentare croce o delizia.
Ebbene, con gran sorpresa è stato lo stesso Reali a farsi carico del pesante fardello e i risultati per certi versi sono sorprendenti. Pur mostrando il fianco per tecnica ed estensione, non certo di prim’ordine, la voce di Diego calza come un guanto nella musica degli Evidence. Il suo timbro sottile e deliziosamente sguaiato sembrerebbe più indicato per uno sleaze rock sporco e stradaiolo piuttosto che per un heavy rock melodico di stampo neoclassico, ma il calare una simile timbrica nei panni di un
André Matos graffiante sulle tonalità medie o di un Jorn Lande impegnato nei suoi classici vocalizzi, risulta maledettamente credibile e anzi finisce per caratterizzare il sound della band conferendogli una buona dose di personalità.
Un plauso all’azzardo, quindi, ma sarebbe stato impensabile per Diego farsi carico di entrambi i ruoli anche dal vivo.
Non a caso, poco dopo la pubblicazione dell’album, la band ha annunciato una piccola rivoluzione nella line up: fuori Stef Reali e
dentro
Cristiano Ruggiero (
Post Scriptum) alla batteria; e ancora dentro
Silvio D’Onorio Di Meo (
Astra) alla seconda chitarra e
Andrea Casali (
Astra) alla voce.
Un’ultima menzione non può non andare all’ottimo lavoro svolto in fase di produzione dallo stesso Reali presso la storica
Random Music House di Ostia, con la ciliegina sulla torta del missaggio e del mastering curati presso lo studio
Domination da
Simone Mularoni. Già, proprio colui che ha degnamente sostituito Diego nei DGM! La famiglia, dunque, si allarga e noi non possiamo che esserne felici.
Riccardo Arena