Il
Power Metal è un genere molto inflazionato, infatti nel corso degli anni sul mercato si sono affacciati una serie di gruppi che, seguendo in maniera quasi maniacale un percorso fatto di melodia, velocità e voci ultra pulite, hanno decretato la saturazione di un discorso musicale per molti versi interessante e coinvolgente. Le medesime considerazioni valgono anche per la variante sinfonica della branca del Metallo pesante qui in esame, anzi in tal frangente le cose si sono ulteriormente complicate e spesso ci siamo trovati a dover ascoltare album in cui l'originalità era più rara dell'acqua nel deserto, dove a furia di accelerazioni innocue ed assoli ultra veloci si arrivava alla conclusione dei suddetti lavori completamente stanchi ed annoiati, talmente bramosi di qualche tempo dispari o di una voce più “sporca” da buttare nel lettore il primo disco estremo che capitava a tiro;
ad alcuni può sembrare esagerato, ma vi assicuro che è accaduto!Fortunatamente con i nostrani
Holy Knights la situazione è ben diversa, ma procediamo con ordine. La prima cosa da precisare è che la band, pur proponendo un tipico Power Metal Sinfonico (quindi abbiamo le classiche accelerazioni, una voce pulita ed intonata e degli ottimi soli di chitarra), si discosta dalla stragrande maggioranza delle bands dedite a tal genere per
originalità,
varietà delle composizioni e
songwriting in generale. Concentrandoci maggiormente su quest'ultimo è facile accorgersi di come il gruppo cerca, riuscendoci, di rinfrescare e variegare i classici stilemi symphonic-power con iniezioni prog, evidentissime in
“11 September”, inserti “operistici” ed un uso molto particolare delle orchestrazioni, le quali non risultano mai invadenti o fuori luogo, anzi si amalgamano perfettamente alla struttura del disco, divenendone un elemento essenziale e portante.
Oltre alla costruzione dei brani, un altro punto forte di questo
“Between Daylight And Pain” è sicuramente riscontrabile nella preparazione tecnica dei tre musicisti, davvero compatti e ben rodati, capaci di generare un “interplay” fluido e lineare, dando così una solida impalcatura sulla quale può tranquillamente poggiarsi un vocalist molto interessante e dotato, il cui stile si destreggia bene tra parti più alte ad altre più standard, risultando perciò vario ed efficace.
Prima di avviarmi verso la consueta conclusione, mi preme molto citare il brano di chiusura, tal
“Turning To The Madness”, una canzone davvero particolare, soprattutto perché può benissimo non considerarsi come una song Heavy Metal, dato che il tutto si gioca su atmosfere operistiche, campionamenti ambientali (acqua, temporali ecc.), soli di chitarra onici, ed un cantato davvero in gran spolvero: espressivo, coinvolgente e personale; i
n poche parole: highlight dell'album!In conclusione mi sento di dover tranquillamente promuovere a pieni voti questo secondo lavoro degli
Holy Knights, consigliandone l'ascolto in primis agli amanti del Power sinfonico e poi anche a tutti coloro i quali cercano un prodotto
elegante e variegato, capace di coinvolgere e colpire l'ascoltatore senza per questo perdere completamente i connotati tipici di un genere che in passato ha regalato dei gran bei dischi!
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