Copertina 6

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2008
Durata:52 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. YOU ALWAYS WALK ALONE
  2. WE GOT THE RIGHT
  3. I BELIEVE
  4. LONGING
  5. YOUR TURN
  6. KIDS OF THE CENTURY
  7. IN THE NIGHT
  8. GOING HOME
  9. A LITTLE TIME
  10. WHEN THE SINNER
  11. DIFFERENT WAYS

Line up

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Voto medio utenti

L’aveva annunciate da tempo, e ha finalmente mantenuto la promessa: dopo il suo terzo lavoro solista, il primo ad uscire per Frontiers Records, Michael Kiske ritorna sulle scene con un altro album acustico, questa volta dedicato alla rilettura delle canzoni da lui composte al tempo degli Helloween. Un disco a metà tra amarcord e transizione, o se preferite, un astuto modo per mettere il piede in due scarpe: proseguire nel proprio particolare cammino evolutivo, offrendo nel contempo un contentino ai fan storici, quelli che darebbero via anche pezzi del loro corpo pur di vederlo nuovamente sul palco con Weikath e compagni.
Mettiamo subito le cose in chiaro: chi legge da tempo le mie recensioni sa bene cosa penso del biondo singer e della sua carriera solista. L’ho sempre apprezzato, e l’ho sempre difeso dagli attacchi dei detrattori, anche quando parevo essere l’unico sulla piazza ad avere questa posizione. Questa volta però mi sa che il buon Michael dovrà fare a meno del mio sostegno: “Past in different ways” è un lavoro noioso e prevedibile, che risulterà indigesto (e forse anche un po’ ridicolo) ai metallari più oltranzisti, ma che farà storcere il naso pure al famoso pubblico pop al quale Kiske sostiene da tempo di voler rivolgersi. Le canzoni non c’entrano: i dieci pezzi prescelti sono tutti da dieci e lode, non solo i classici del periodo Keeper, ma anche e soprattutto gli episodi provenienti da dischi controversi come “Pink bubbles go ape” e “Chameleon”. Le varie “Your turn”, “Kids of the century”, “Longing” o “When the sinner” sono tutte favolose, le ho adorate alla follia quando uscirono (anche qui, voce di uno che grida nel deserto), e non vedevo l’ora di gustarle in versione acustica. Già, perché io sono un grande fan dei dischi acustici. I quali, beninteso, hanno senso solo nella misura in cui propongono qualcosa di nuovo (e possibilmente di imprevedibile) rispetto alle versioni originali. Hanno senso quando il lavoro di arrangiamento è ricercato, quando si utilizzano strumenti un po’ inusuali, quando, insomma, si cerca di non banalizzare la proposta.
Ebbene, il signore Kiske non ha fatto nulla di tutto questo: si è limitato a riprendere una selezione di brani del suo passato, e li ha risuonati e ricantati in maniera perfettamente identica a prima, solo togliendo la distorsione alle chitarre e picchiando un po’ di meno sulla batteria. Il risultato è, come potete immaginare, assolutamente monotono: fatta eccezione per “You always walk alone”, impreziosita da una linea melodica di violino che le fa prendere tutta un’altra intenzione, tutti gli altri pezzi appaiono come versioni demo appena abbozzate. E si arriva al limite dell’assurdo per brani, come “Longing” o “Your turn”, che erano già state registrate in questo modo: la differenza si sente appena e resta da chiedersi che cosa le abbia riprese a fare…
Niente da dire sulla performance vocale del nostro: straordinario come sempre, la sua ugola non ha perso un briciolo dell’antica magia, nonostante una certa insistenza sui toni alti alla lunga stoni un po’, se non supportata da una sezione ritmica adeguata. Non si può purtroppo dire bene dei musicisti coinvolti: saranno anche dei fenomeni, ma gli arrangiamenti sono talmente banali che viene da chiedersi se abbia chiamato dei compagni di scuola dei suoi figli (in realtà non so nemmeno se ha figli!)…
In chiusura abbiamo anche un pezzo inedito, “Different ways”, che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto sentito sul lavoro precedente: a me è piaciuta molto, anche se non nascondo che si tratti di un episodio molto banale e scontato.
Cosa posso dire per concludere? Che questo disco non è né carne né pesce, che è stato fatto solo per destare qualche interesse su un artista che nessuno si è più filato nel momento in cui ha proclamato il suo allontanamento dal mondo dell’heavy metal, e che a meno di miracoli dell’ultima ora (ma Nostro Signore ha sicuramente ben altro da fare al momento!) venderà giusto un paio di copie prima di essere relegato nei cassoni delle offerte…
Caro Michael, mi dispiace ma questa volta hai proprio toppato! E mi sa che rifiutandoti di salire sul palco di Wacken assieme a Tobias Sammet hai anche perso una bella occasione per pagarti le bollette…

Recensione a cura di Luca Franceschini

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 26 mag 2008 alle 09:31

Sì, l'ho scritto io... del resto si intende che l'artista in questione proviene da quel background, non che il disco è di quel genere... e poi, dai, non ce la facevo proprio a mettere Kiske sotto "Pop/Rock"...

Inserito il 23 mag 2008 alle 11:24

Dimenticavo... ma "Power Metal" come genere l'hai scritto tu...?

Inserito il 23 mag 2008 alle 11:22

Bravo Pinulo! Concordo pienamente (abbasserei soltanto il voto a 5). Monotono e noioso sono i due aggettivi perfetti per descrivere questo inultile lavoro. Anche io ho notato che sembrano più demo che canzoni debitamente arrangiate. Eppure la copertina mi ispirava... Spero che se mai Kiske tornerà a cantare in sede live lo faccia con i Place Vendome o Sammet o Tolkki o chi vuole lui ma non da solo coi suoi pezzi. Tantomeno se riarrangiati...

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