Gli
Horisont, di Goteborg, sono una delle tante band retrò-rock che alimentano l’inesauribile sottobosco della scena scandinava. Il loro debutto “Tva sidor av horisonten” (2009), con testi in parte svedesi ed in parte anglosassoni, li aveva segnalati all’attenzione degli appassionati e soprattutto della Rise Above, che dopo averli messi sotto contratto pubblica questo secondo capitolo, cantato interamente in lingua inglese.
Rispetto alla maggioranza dei colleghi, il gruppo evidenzia uno stile più pulito, lineare e con interessanti tendenze melodiche. Intendiamoci, parliamo sempre di un rock molto heavy, ispirato ai ’70 ma con forti vibrazioni proto-metal, aspro e dinamico; ma se guardiamo alle principali influenze che emergono dall’album, anziché i soliti Black Sabbath, Blue Cheer, Pentagram, ecc, si può piuttosto indicare la coppia Wishbone Ash e Thin Lizzy per il sagace utilizzo delle “twin guitar”, aggiungendo i Led Zeppelin specie riguardo ai toni insolitamente acuti e taglienti del vocalist Axel Soderberg. Altro nome, stavolta contemporaneo, accostabile al quintetto svedese è quello dei conterranei Witchcraft, vista una certa somiglianza nella costruzione e sviluppo dei pezzi, che però gli Horisont evitano di colorire con sfumature doom.
Anche cogliendo tali particolari, la personalità della band rimane notevole e così anche il livello della proposta. I brani più aggressivi, vedi “Time warrior”,”On the run” o la title-track, ci offrono squisiti passaggi chitarristici pre-Maideniani insieme a solismi capaci di evocare una coppia di “axeman” del calibro di Gorham/Robertson, mentre episodi intriganti come il maestoso hard rock notturno “Crusaders of death” o la potente cavalcata finale “Thunderflight”, ci dicono che questi ragazzi possiedono una buona riserva di idee e freschezza alla quale attingere.
Per motivi che tutto sommato restano a me poco chiari, i giovani musicisti del freddo nord riescono a rileggere il miglior heavy rock del passato con una sensibilità moderna che ormai lo ha trasformato in filone reale, concreto e ben poco revivalistico. Cosa pienamente valida per gli Horisont, i quali incrementano la buona impressione fatta all’esordio e mostrano di essere pronti ad entrare nell’elìte del new-retrò rock europeo.
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