Uno di questi giorni dovrò decidermi a chiedere un risarcimento danni al Graz. Quest’anno, tra i dischi da recensire, più volte mi sono trovato tra le mani opere dalla durata spropositata, e parlo di musica disturbante, mica canzonette. Questa volta è il turno dei
Locrian, trio americano dedito ad un miscuglio malato e disturbante di drone doom, dark ambient, noise minimale, black metal e Dio solo sa chissà cos’altro.
I nostri, in occasione della firma di un contratto con la
Relapse Records, decidono di pubblicare in edizione limitata la loro ultima fatica, “
The Final Epoch”, aggiungendoci il penultimo “
The Clearing”, uscito l’anno scorso. Oltre 90 minuti di musica.
Il caleidoscopio di suoni proposto dai
Locrian è sicuramente interessante, anche perché la risultante è un suono corposo, denso, omogeneo, dove le diverse componenti si amalgamano e potenziano a vicenda.
Volendo dare un ordine logico a questa recensione, preferisco iniziare dal disco più recente, il nuovo di zecca “
The Final Epoch” il quale, già dalla title-track mette subito in chiaro le cose. Frequenze cicliche, disturbate, che vibrano in analogico e sono imbevute di nuance dark ambient con, sullo sfondo, screaming black inquietanti.
“
On A Calcified Shore” ha un esordio noise/industrial che poi riprende il tema della title-track, e lo stesso dicasi della successiva “
Omega Vapors”. Il registro muta solamente con “
Falling Towers”, dove le chitarre sono in primo piano, sebbene dividano la scena con i synths. È certamente la canzone migliore del lotto. La conclusiva “
After The Torchlight” ha reminiscenze funeral doom.
Tutto sommato un disco non esaltante, a differenza di “
The Clearing” il quale, già dall’iniziale “
Chalk Point” mostra un’oscurità di fondo più marcata, anche grazie a note di piano sinistre e inquietanti. Il disco ha le percussioni e anche delle clean vocals, tutti elementi aggiunti che valgono da soli a renderlo migliore di “
The Final Epoch”.
La successiva “
Augury In An Evaporating Tower” vira maggiormente sul noise ed una canzone veramente terrificante, nella quale vocals strazianti e spaventose si stagliano su uno sfondo fatto di rumore sferragliante. “
Coprolite” vede il contrasto tra il rumore di fondo, gracchiante, e chitarre acustiche dal sapore melanconico, quasi grunge. La conclusiva “
The Clearing” è un incubo lungo oltre 17 minuti, con un crescendo che va a dissolversi un’orgia white noise.
Se dovessi consigliare l’acquisto vi direi di dirigervi sul solo “
The Clearing”, ma se l’edizione limitata non costa troppo, allora prendete il 2x1.
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