Un buon debutto per i
Monuments con
Gnosis, album dalle liriche impegnate che ruotano intorno a un messaggio di raggiungimento di una consapevolezza personale per la serie “pensa fuori dal coro”, “attenti al complotto” e roba simile (al momento tira questo, forse non hanno tutti i torti, ma lasciamo stare..)
I soliti cambi di line-up, una demo, un album già pronto per un lavoro che si realizza con l’arrivo del nuovo vocalist (Matt Rose) e ci ritroviamo di fronte a un’opera fondata su una struttura progressive fortemente tendente al tech-metal su cui poggiano elementi thrash e soprattutto groove e post-groove; ovviamente gran parte del lavoro è realizzato dalle due chitarre capaci di costruire con dei bei riffoni ritmati un sound moderno e imponente pur non rinunciando a un background che sa essere armonico, composito e non eccessivamente pesante, insomma un disco non solo per un orecchio allenato ma anzi con ottime possibilità di trovare consensi un po’ ovunque, oddio forse non proprio ovunque ma la forbice è abbastanza ampia, chitarristi in primis.
Vocals anch’esse divise: si va da una voce pulita che conferisce a Gnosis delle sfaccettature che sanno di nu-metal a un growl -che costituisce il grosso dell’interpretazione di Rose- quasi sempre ben eseguito ma che appare in alcuni frangenti un tantino sforzato; binomio comunque indovinato che ben calza con il complesso musicale che risulta impeccabile e interessante. Eccellente la produzione che regala altri punti e anche l’artwork fa la sua porca figura.
Un album omogeneo e dalla qualità costante, ma da segnalare
“Empty Vessels Make The Most Noise”, sintesi e apice di Gnosis per le sue atmosfere cupe e dense, e
“Doxa”, manifesto musicale e teorico del progetto.
Succede così che questi Monuments costruiscono sin da subito un’identità già forte. Altra band da tenere d’occhio!
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