Saltando a piè pari l'esperimento Evinta (che devo essere stata fra i pochi ad apprezzare),
A Map Of All Our Failures si riallaccia alle linee guida del precedente
For Lies I Sire. I
My Dying Bride, padri del death/doom/gothic, insieme ai Paradise Lost e agli Anathema, sono partiti dalle movenze sepolcrali e malsane di
As The Flowers Whiters e
Turn Loose The Swans, passando poi per l’equilibrio perfetto e malinconico di
The Angel And The Dark River. Poi il passaggio di
Like Gods Of The Sun, che ha portato all'evoluzione dark psichedelica di
34.788%…Complete, così tentacolare e multiforme da lasciare spazio a qualsiasi sperimentazione. Ma non hanno avuto il coraggio di osare (come, invece, hanno fatto gli altri due gruppi sopracitati) e si sono arresi di fronte all'insofferenza dei fans della vecchia guardia, non proprio entusiasti della svolta dalle tinte dark wave. Quindi sono tornati indietro, cominciando a pubblicare copie carbone, a volte meglio riuscite altre meno, dei loro lavori di maggior successo. Poi
For Lies I Sire, che spiccava per la sua vena sentitamente nera ed angosciante, vena ripresa ed amplificata in
A Map Of All Our Failure. Otto brani in qualche modo epici nella loro freddezza, desolati come la figura velata della copertina (forse un fantasma?), omaggio alla donna velata di bianco disegnata da Dave McKean su un vecchio numero di Sandman, che li colpì tanto da spingerli a contattarlo per collaborare
insieme. Rispetto alle parti death metal (che, pure, ci sono e vi colpiscono quando meno ve lo aspettate, come nei primi tre pezzi) si continua a dare risalto al lato più doom, procedendo con lentezza catacombale e marmorei riffs sabbattiani, mentre la cupa e profonda voce di Aaron tal volta canta, tal volta recita, angosciata per un dolore che nasce da dentro ma meno lamentosa del solito, più duttile e con più verve, e si produce in una delle sue migliori performance. Nonostante nell'intervista Andrew mi abbia detto che l'intenzione era di creare una musica spoglia ed essenziale, all'orecchio risulta molto arrangiata e rifinita, con un'accentuata vena melodica.
The Poorest Waltz ne è un esempio, arricchita da un violino che ritornerà anche in altri brani, uno dei loro marchi di fabbrica; insieme a
Kneel 'till Doomsday,
A Tapestry Scorned,
Like A Perpetual Funeral e
Hail Odysseus costituisce uno dei migliori e più intensi brani dell'album. Nonostante il doom di base, rispetto ai precedenti lavori, questo ha anche una maggior dinamicità e minor presenza di tracce ossessivamente uguali fra loro. Detto questo, non ci sono sostanziali cambi di stile, un pregio per i fan della band, un difetto per me, che mi chiedo quanto i My Dying Bride stiano riposando sugli allori e come si faccia a trovare interessanti dischi talmente uguali da potersi scambiare pezzi e titoli. Comunque, limitandoci a
A Map Of All Our Failure, lo considero, insieme a
For Lies I Sire, il migliore del dopo
34.788%…Complete. Fosse la volta buona che si danno una smossa?