Copertina 8

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2012
Durata:86 min.
Etichetta:Noevdia

Tracklist

  1. I
  2. II
  3. III
  4. IV
  5. V
  6. VI
  7. VII
  8. VIII

Line up

  • Shantidas Riedacker / Guitar
  • Matthieu Canaguier / Bass
  • Antoine Hadjioannou / Drums

Voto medio utenti

Terzo album per questo trio francese formato da membri dei black metallers Diamatregon e della band psych rock Gunslingers. Come si fa ad unire insieme due generi così distanti? Aggiungeteci i Faust, Can, Hawkwind ed avrete un alchimia sonora piuttosto particolare, che, se non fosse per le parti black, sembrerebbe arrivare dritta dritta dagli anni '70, cupa come i Black Sabbath del primissimo periodo, allucinogena come un trip di LSD. E proprio ad una sorta di viaggio mentale alludono, nello stile delle occult rock band dell'epoca. Non per niente il loro nome si riferisce ad un'antica religione rituale dell'Indonesia. Psichedelia pesante, ossessiva, con composizioni volutamente ripetitive e cicliche, per dare un effetto ipnotico, e poi incredibilmente fuse, quasi in maniera conseguenziale, a furiose cavalcate black. La opener parte con un assalto sonoro pieno di tremolo picking e blast beats, con riff rutilanti sovrapposti a melodie in chiave minore che vanno in crescendo. Si scivola dal black classico ad una psichedelia densa, pesante, mesmerica e da questa di nuovo al black. Poi per quasi quattro minuti il tutto è inghiottito nel rumorismo sonoro, prima che la chitarra scivoli via, lasciando solo basso e batteria ad agitarsi convulsamente dietro ad un turbinio di effetti. Poi si torna indietro e negli ultimi tre minuti ecco di nuovo un brutale attacco black metal. Nel secondo pezzo abbiamo un sabbattiano e super distorto post rock, con riff catacombali ed atmosfere cupe. In un'intervista del 2007 il batterista Antoine Hadjioannou disse: "La condizione necessaria per suonare la nostra musica è di cadere in trance e dimenticare ogni cosa, fino a non sentire più nemmeno la musica ma solo le forze che essa evoca". Ottantacinque minuti per otto pezzi, divisi in un doppio album, e nessuna pausa fra i brani, ma un unico, incessante fiume musicale, una sorta di lungo mantra. Dimenticavo: trattasi di uno strumentale, senza cantato. Ostico, è vero, ma potentemente evocativo. Arte nata con il puro intento della creazione ed il fine di raggiungere stati di coscienza alterati. Un gioiellino nel suo genere.
Recensione a cura di Laura Archini

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