Dark Time è il terzo lavoro di studio per gli
Ivory Moon che colgono l’occasione per presentarci la nuova vocalist
Gabriella Aleo arrivata in sostituzione di Cecilia Serra con la quale avevano realizzato i loro precedenti album.
Possiamo tranquillamente dire che questo terzo album della formazione romana segna per loro un momento importante consentendogli di dimostrare di aver ormai raggiunto una certa maturità; a volte però accade in questi frangenti della carriera di un gruppo che questo non coincida proprio con l’essere una bellissima notizia. In parole povere sembra che anche gli Ivory Moon si siano abbandonati ai purtroppo dovuti cliché di un genere che sì sarà anche abusato ma che, per chi scrive almeno, può avere ancora tanto da dire, basterebbe solo avere quel coraggio di sbilanciarsi maggiormente come del resto avevano fatto anche i nostri in passato.
Non del tutto un passo falso, meglio dire un passo troppo corto che ha fatto cadere anche questa mela troppo vicina all’albero.
Per intenderci, premesse a parte, Dark Time è comunque un bell’album che risulta interessante su molti punti di vista, come per esempio il fatto di aver voluto dare sfumature diverse che variano dal prog di
“Soul Diguised” all’alone dark di
“Heroes” (dal testo impegnato che parla delle morti sul lavoro) peraltro con ottimi risultati ma restiamo comunque all’interno di un ambiente sonoro nel complesso non troppo innovativo.
Come detto in precedenza gli Ivory Moon ormai suonano come si deve e ogni nota è pesata per bene, Dark Time risulta così molto piacevole e anche un ascolto ripetuto non sembra inflazionarlo più tanto. Bravura e anche un certo stile non supportati però da un azzardo che a questo punto mi pareva anche dovuto: ecco diciamo che ci avevano abituati bene.
Ma passiamo avanti.
Un prima parte un po’ altalenante lascia spazio a brani intensi come già
“Away”,
“Out of Control” e
“The Merchant of Venice” croce e delizia di questo disco per quanto sopra .
La nuova singer Gabriella Aleo appare da subito a proprio agio nella band grazie a una voce che ben duetta con quella di Sandro Manicone e che ha un maggiore impatto nelle sue uscite tipicamente liriche. Per quanto riguardo la componente sinfonica infatti nulla da eccepire, un buon compromesso tra tastiere/piano e le chitarre dove appunto la Aleo può raggiungere livelli di esecuzione degni di nota. Io punterei proprio su quest’aspetto e ok, ci sono già i grupponi a monopolizzare la scena però, però, però…
Per concludere un album discreto in cui sarebbe stato gradito un po’ di pepe in più!
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