Lo sapevo… me lo sentivo, sapevo che sarebbe stato così, e ancora una volta il mio istinto ha avuto ragione, in quanto “Monster”, il nuovo lavoro dei
Kiss, è un signor disco… Non so cosa diavolo stia succedendo, ma ci sarà un motivo se dopo AC/DC (“
Black ice”), Van Halen (“
“A different kind of truth”), Alice Cooper (“
Welcome 2 my nightmare”) e lo stesso “
Sonic boom”, anche i Kiss non mancano all’appuntamento col discone. Quarant’anni di carriera, venti dischi pubblicati, una quantità indescrivibile di live in tutto il mondo, una solida base promozionale alle spalle, gadget di ogni tipo, e neanche la benché minima intenzione di appendere gli strumenti al chiodo, anzi… Copertina ultra pacchiana, un hit piazzato in apertura (“Hell or halleluja”), e altri 4-5 potenziali classici sparsi qua e là, questo è “Monsters”, che fin dalla opener dimostra che i nostri non solo sono in grandissima forma, ma riescono a regalarci uno dei migliori album della loro carriera, capace senza timore di vedersela con i grandi classici del passato. E se il precedente “Sonic boom” lasciava intravedere questa loro seconda giovinezza, sfornando però la sola “Modern day Delilah” come potenziale classico, questa volta di carne a cuocere ce n’è davvero tantissima… Sono sicuro che la già citata “Hell or halleluja”, “All for the love of rock and roll”, “Wall of sound” o “Long way down” non solo saranno inserite nella scaletta dei prossimi live, ma ci rimarranno a lungo (sì, perché tanto loro sono immortali e suoneranno ancora per anni ed anni), affianco alle eterne hits del passato. E scusate se è poco… E la cosa bella è che il resto dei brani non sono affatto dei meri filler, ma, anzi, ognuno di loro ha un suo perché. “Freak”, “Back to the stone age” e “Souht mercy” sono una tripletta micidiale che ha lo scopo di inframmezzare un pezzone e l’altro, così come il rock ruffiano di “Eat your heart”, quello più roccioso di “The devil is me” o quello scanzonato di “Outta this world”, che dimostrano alle nuove leve come si scrive una canzone rock che sappia prenderti fin dal primo ascolto. Sicuramente parte del merito va, oltre alla coppia storica Simmons/Stanley, anche a Tommy Thayer, che ha avuto più spazio compositivo e ha portato quella ventata di freschezza che ha fatto la differenza. “Take me down below” e “Last chance” mettono il sigillo ad un album formalmente perfetto, che non ha cali di tensione, ma che, al contrario, ti tiene sul filo del rasoio dalla prima all’ultima traccia e che, sono sicuro, come per i dischi citati in apertura, riuscirà a superare la prova del tempo. Che dire? Sono sbalordito da quanta differenza ancora ci sia tra i vecchi leoni del rock che ho nominato prima e le nuove pseudo new sensation, che hanno veramente tantissimo da imparare da questi vecchiacci che di riff ne hanno macinati in quantità industriali. “Monsters” potrebbe, anagraficamente parlando, segnare la fine di una carriera strepitosa. L’istinto, invece, mi dice che sarà la molla che farà scattare nuova vitalità all’interno del gruppo, e se i presupposti sono questi, direi che tra dieci anni ancora saremo qui a farci ammaliare dal Bacio più famoso del mondo… Long live rock ‘n’ roll…
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