Ah, quanto è difficile la
sublime arte della contaminazione “ragionata”. E quanto è arduo essere “originali”, in un universo sonoro in cui tutto sembra già stato sperimentato.
In fondo, poi, perché “sbattersi” tanto, visto che la discografia attuale e il sempre più risicato pubblico di
rockofili accolgono con una certa benevolenza la manifestazione dei classici “corsi e ricorsi” storici applicata alla musica?
Eppure c’è ancora chi ci “prova” con determinazione e già per questo denota coraggio e merita rispetto.
Tra questi “ardimentosi” e un po’ “folli”, si schierano sicuramente i
Tongs, trio milanese che nel suo secondo
full-length “Fractal” si appropria della filosofia ibridativa di Tool, Mastodon, Primus, Zu, Faith No More e (primi) Motorpsycho, tentando una sintesi di elementi musicali piuttosto diversi tra loro che possa essere al tempo stesso
imprevedibile e
godibile.
Il dosaggio delle antinomie espressive (pesantezza / vaporosità, schizofrenia / armonia, chiaro /scuro, semplicità / complessità …) viene attuato con una certa perizia e questa peculiarità, affiancata ad una buona tecnica compositiva e una notevole varietà d’idee, costituiscono le eccellenze dei nostri, mentre una maggiore compattezza nelle strutture armoniche e “mentali”, rappresenta, invece, la principale opportunità di miglioramento emersa da un dischetto comunque abbastanza convincente.
Piacciono e sorprendono (due aspetti che soprattutto in questi contesti stilistici devono “avanzare” appaiati) parecchio, infatti, le pulsazioni schizoidi e gli increspamenti esotici di “Ziqqurat”, le tensioni palpabili e il gorgo quasi
sludge in cui sprofonda “Insanity”, la strisciante e rumorosa perversione di “Red eye” o ancora di più le scorie di
heavy-blues malato e fratturato che infestano “Scarecrow’s gasp” e “Sex in sacristy” oppure la materia
cosmico-apocalittica che fuoriesce da “Wake up, get up, get off”, un brano che riesce a combinare Jane’s Addiction, Melvins e Hawkwind.
Doveroso, infine, un breve commento sull’enigmatico epilogo “Italian politics”, in pratica la ricetta della pizza margherita declamata da una voce intimidatoria e istrionica (appartenente a Pierpaolo Capovilla de Il Teatro Degli Orrori) su clangori industriali … che si tratti di una
sinistra metafora del concetto di “mani in pasta” o di qualcosa di ancor più
provocatorio, i Tongs non devono certamente avere una bella opinione della classe dirigente italiana (e chi può dargli torto?).
C’è ancora qualcosa da mettere a punto nell’iridescente visione artistica di questa promettente e
sediziosa coalizione nostrana, arrivando magari a contenere un briciolo il
raptus creativo in favore di una superiore lucidità e coerenza, ma l’attenzione sul suo lavoro dovrà necessariamente continuare ad essere vigile, perché l’audacia e la ricerca di nuovi stimoli, quando supportate da dosi significative di talento, non possono proprio essere trascurate.
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