Copertina 6

Info

Anno di uscita:2012
Durata:100 min.
Etichetta:Roadrunner Records

Tracklist

  1. DISC 1 - I AM HELL (SONATA IN C#)
  2. DISC 1 - BE STILL AND KNOW
  3. DISC 1 - IMPERIUM
  4. DISC 1 - BEAUTIFUL MOURNING
  5. DISC 1 - THE BLOOD, THE SWEAT, THE TEARS
  6. DISC 1 - LOCUST
  7. DISC 1 - THIS IS THE END
  8. DISC 1 - AESTHETICS OF HATE
  9. DISC 1 - OLD
  10. DISC 2 - DARKNESS WITHIN
  11. DISC 2 - BULLDOZER
  12. DISC 2 - TEN TON HAMMER
  13. DISC 2 - WHO WE ARE
  14. DISC 2 - HALO
  15. DISC 2 - DAVIDIAN

Line up

  • Robb Flynn: vocals, guitars
  • Phil Demmel: guitars
  • Adam Duce: bass
  • Dave McClain: drums

Voto medio utenti

Machine Fucking Head Live” è il secondo disco dal vivo pubblicato da Robb Flynn e soci, il primo essendo “Hellalive” del 2003.
Tenete bene a mente quella data, il 2003, perché segna uno spartiacque nella carriera dei Machine Head che, per inciso, sono una delle mie band preferite.
Fino al 2003 i Machine Head erano stati non una grande band, ma una grandissima band.
Esordirono con “Burn My Eyes” un disco mastodontico, a cavallo tra il vecchio thrash ottantiano, molto classico, e quello più moderno che vedeva nei Pantera di “Vulgar Display Of Power” il prototipo del thrash moderno che poi sarebbe esploso con l’altrettanto mastodontico “The More Things Change…” (insieme alle cose dei Fear Factory).
Non paghi si fiondano nel filone nu metal (già tastato col precedete disco) con il buonissimo “The Burning Red”, un disco con un suono mostruoso che all’epoca li rendeva quasi unici. Altro giro altra corsa e nell’epoca in cui il metalcore sembrava dover diventare (come poi sarà) il nuovo trend ecco che i Machine Head se ne escono con “Supercharger”, altro disco molto buono.
Fino al 2003 i Machine Head sono stati una band con i controcoglioni, sebbene fossero tacciati di paraculismo avendo cavalcato tutti i trend. Ma Robb Flynn è un tipo astuto e ha saputo fare tutto con intelligenza, ovvero, per un verso, non facendosi mai trovare in ritardo, spesso anticipando i tempi, di modo da essere spesso accreditato come un innovatore e non un imitatore e, per altro verso, sfornando dischi tutti di elevatissima fattura.
Nel 2003 però il trend comincia a mutare, c’è un revival del vecchio thrash americano e anche stavolta i Machine Head si fanno trovare pronti, con “Through The Ashes Of Empire” e da quel momento non abbandoneranno più il solco, per tutti i dischi successivi, allungano le loro canzoni, inserendo assoli più articolati, e cominciando a picchiare a più non posso, con dischi stavolta non più eccellenti ma, nella migliore delle ipotesi, buoni.
E’ chiaro che musicalmente non gli si può, e non gli si è potuto, mai dire niente, semplicemente la scintilla compositiva li ha abbandonati. E allora hai voglia a picchiare come un forsennato caro Robb Flynn.
Ho fatto tutto questo panegirico solamente per rendervi conto del fatto che il qui presente doppio disco dal vivo, dovendo segnare, secondo le parole della band, il punto della situazione a 18 anni dalla fondazione, li vede sì in forma (sono una macchina da guerra dal vivo), ma a mio modesto modo di vedere con ormai poche, se non pochissime, cose da dire.
La riprova è proprio in questo disco. La differenza tra i vecchi pezzi (molto pochi per la verità) e quelli più nuovi è lampante. “Old”, “Davidian”, “Ten Ton Hammer” e la stessa, ruffiana, “The Blood, The Sweet, The Tears” sono diverse spanne, a esser buoni, sopra le altre canzoni.
A peritura vergogna della band sta nell’aver pescato troppo poco dai primi dischi, rinnegando praticamente una delle migliori doppiette della storia del metal, quell’accoppiata “Burn My Eyes”/“The More Things Change…” che, al di là delle odierne cagate, ha già consegnato la band di Oakland alla leggenda.
Solo per i fan dell’ultim’ora. Chi volesse ascoltare i Machine Head dal vivo, quelli veri, si compri “Hellalive”.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 16 nov 2012 alle 16:15

Premessa: reputo i Machine Head una delle migliori band in circolazione. Adoro i primi due album e tutto da Through the ashes of empire. Per me Unto Locust è stato il miglior album del 2011. Ho avuto la fortuna di assistere live all'ultima tournee e posso dire che il modo ideale per godersela anche ora a casa non era un doppio cd, ma un bel dvd ben registrato. Ciò premesso, questo cd ha un grosso difetto: non nella scelta della scaletta (perfetta) ma nel fatto che non rende assolutamente quello che sono i MH live. Per il resto, un buon disco (sta girando da giorni nel mio lettore), senz'altro un buon compendio per chi vuole addentrarsi nel loro mondo.

Inserito il 13 nov 2012 alle 18:02

De gustibus, sei probabilmente l'unico essere umano al mondo che considera molto buono "supercharger", per me l'unico disco che hanno toppato, l'unico...è bello cosi, il mondo è bello perchè è vario! Per il resto non condivido praticamente nulla, in particolare l'ultimo album per me è un capolavoro assoluto, ancora meglio di the blackening, e sullo stesso livello dei primi due (magari non come impatto e influenza, ma come qualità si!)...non voglio permettermi di dare consigli a nessuno, però io ho dovuto ascoltare "unto the locust" 6/7 volte prima di essere convinto, all'inizio mi aveva molto deluso, magari ridagli un occasione! poi se non ti piace un po di melodia, allora niente! Ciao!

Inserito il 12 nov 2012 alle 21:44

Recensione pessima, mi stupisce che su un sito serio e storico come Metal.it si pubblichino certe cose. A parte sul contenuto ("la scintilla compositiva li ha abbandonati","pochissime cose da dire"? Ma li hai sentiti The Blackening e Unto The Locust? The Burning Red e Supercharger ottimi dischi? Mah..E poi quali sarebbero le odierne cagate?), lo stile poi è davvero ridicolo ("controcoglioni", "paraculo", "cagate"). Una pagina da dimenticare. Mi piace l'incipit che serve ad edulcorare la critica che viene dopo, sulla quale sorvolo, perchè Luca ha già detto tutto.

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