Con un certo ritardo, causa la scarsa reperibilità del presente album, posso segnalare agli appassionati una delle migliori uscite dell’anno in campo stoner/doom. Si tratta dei
Black Pyramid, trio del Massachussets al secondo lavoro su lunga distanza.
Uno stile interessante, che adotta elementi di heavy stoner, di metal ottantiano e di doom rock, facendo in modo che il risultato finale sia coeso e sufficentemente personale. Si scorgono riflessi di Electric Wizard, Cathedral, Reverend Bizarre, ma anche qualcosa di metallico ad evocare gruppi come Blessed Death o Meliah Rage. I brani dell’album sono sostanziosi e complessi, la band americana è brava nel generare una gran quantità di riff e cambi di direzione, insieme ad un incessante raccordo da parte del drummer Clay Neely.
Anche se i Black Pyramid talvolta sembrano prolungare volutamente le soluzioni ed affiora qualche “giro” già sentito, in particolare quello di “Night queen”, il materiale di qualità rimane abbondante. Dalla tetra “Mercy’s bane” ad una massiccia “Dreams of the dead” dal ritornello vincente; dalle vibrazioni metal di “Sons of chaos” al pulsante ed oscuro stoner di “The hidden kingdom”, fino all’incedere maestoso della lunga “Into the dawn” che sfida il sound ibrido di The Sword ed Horisont, è tutto un susseguirsi di intuizioni e spunti brillanti.
Il chitarrista/cantante Andy Beresky è sicuramente il fulcro dell’operazione, più per l’aspetto strumentale che vocale, ed i suoi sforzi per dotare la formazione di soluzioni non semplicistiche ma neppure noiose, si apprezzano sempre meglio col crescere degli ascolti.
Pur se la freschezza comincia a scarseggiare, in questo ambito come altrove, c’è ancora qualche nome che riesce a distinguersi senza adottare soluzioni estreme o sconclusionate. I Black Pyramid sono uno di questi.
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