ATTENZIONE: se siete dei duri e puri "defender", a cui mancano solamente le mutandine di pelo di Joey De Maio per apparire degnamente sulla copertina del prossimo album dei Manowar, fareste meglio a tenervi alla larga da questa recensione. Si, perchè a questo giro si parla di electronic-body-music, industrial, synth-pop, acid-jazz, trip-hop, drum'n'bass, cassa martellante, atmosfere danzerecce e così via. Devo ammettere che gli estoni Forgotten Sunrise mi erano completamente sconosciuti, e "Ru:mipu:dus" è un biglietto da visita che in pochi avrebbero saputo mostrarmi. Fin dall'opener è chiaro che la proposta dei nostri è costruita ad arte con grande genialità, per certi versi pretenziosa e per altri esaltante... ma in ogni caso non si corre mai il rischio di annoiarsi! Inutile sarebbe tentare di descrivere traccia per traccia un'opera di tale complessità, anche perchè una musica del genere (soprattutto proposta su un portale dove si presume che la maggior parte della gente sia interessata all'heavy metal) va sicuramente ascoltata prima di procedere ad un eventuale acquisto. Le cose migliori del cd vengono fuori quando il gruppo appiattisce un pò le sue ambizioni e si dedica ad un synth-pop leggero e delizioso, in pieno stile anni '80. Malinconiche ed eteree al punto giusto, "Never(k)now", "Surroundcosmos" e "Ple:se Disco-nnect Me", sono sorrette da melodie semplici ma efficaci, e dall'accostamento vocale tra il timbro molto mascolino di Anders Melt e l'angelica voce di Tiiu Kiik. Quest'ultima viaggia tra la sensualità di una Liv Kristine da Aegis in poi e le interpretazioni stralunate dell'ultima Anneke Van Giersbergen. Per il resto dell'album i Forgotten Sunrise spaziano tra ritmiche trip-hop dove l'acidissimo basso si spinge spesso al limite del jazz, percussioni, strumenti folkloristici, siparietti tastieristici che possono essere stati concepiti solo durante un viaggio indotto da sostanze allucinogene, screams, growls e quant'altro sia passato nella mente dei quattro musicisti durante la composizione dell'album. Il lavoro nella sua interezza, se si sorvola sull'aura di presunzione che sovrasta almeno un paio di pezzo, è deliziosamente ispirato e per questo merita almeno un ascolto di prova, anche se magari quello che sentiamo di solito è quanto di più lontano riusciremmo ad immaginare da questa musica!
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