Puntuali come le tasse, ma decisamente più piacevoli, tornano dopo due anni di attesa i piemontesi
Secret Sphere, ormai più che una certezza nel panorama power/prog italiano. Ed è un ritorno carico di attesa, dovuta soprattutto all'importante cambio di line-up, che ha visto Roberto "Ramon" Messina lasciare gli oneri dietro al microfono a Michele Luppi. Come sarà andata?
A mio parere, benissimo. Non che Ramon non sia un ottimo cantante eh, sia chiaro, ma
Michele Luppi è un performer di livello superiore, uno che assieme ad Alessandro Conti e Roberto Tiranti è almeno un gradino sopra tutti gli altri. Luppi tra l'altro ha l'innata capacità, dovuta alla particolarità della sua voce, di "luppizzare" (mi si conceda questo neologismo) ogni gruppo in cui canta, rendendo molto personali le composizioni: è stato così coi Vision Divine, per i Killing Touch e ora è così anche per i Secret Sphere, anche se in misura minore.
Si perchè i Secret Sphere hanno una personalità ormai ben definita, frutto di 15 anni di carriera che li ha portati dall'essere una piccola realtà del Piemonte ad uno dei gruppi di punta dell'italico stivale, anche all'estero. E questa identità poggia inevitabilmente sulle spalle del chitarrista
Aldo Lonobile e del bassista
Andy Buratto, unici superstiti del nucleo originale del gruppo, che oltre a Michele Luppi ha visto diversi nuovi innesti negli ultimi anni, sempre e comunque eccellenti, cosa che ha permesso ai 6 album dei Secret Sphere di mantenersi sempre su ottimi livelli.
E questo settimo lavoro "
Portrait of a Dying Heart" non è da meno, schizzando dritto dopo un paio di ascolti verso la vetta della mia classifica di gradimento assieme a "A Time Never Come" dell'ormai lontano 2001.
Power metal sparato a mille e arricchito da numerosi intermezzi prog, il tutto condito dalla splendida voce di Michele Luppi, rendono questo disco un caposaldo della discografia dei
Secret Sphere: si parte alla grande con la title track, che altro non è se non una grandiosa strumentale di 6 minuti, che ci permette di valutare la sopracitata perizia dei restanti membri della band; a seguire una doppietta di puro power, formata da "
X" e "
Wish & Steadiness", in grado di far scapocciare anche il fan più compìto, come dimostrato peraltro recentemente in sede live; con "
Union" invece i toni si smorzano decisamente, non a livello di ballad ma quasi, sfiorando il limite più estremo dell'AOR; "
The Fall" parte decisamente aggressiva salvo trasformarsi in una canzone quasi orchestrale, grazie al lavoro eccellente di Gabriele Ciaccia alle tastiere; "
Healing" offre il fianco al lato più pestato della band, in particolare col drumming di Federico Pennazzato e il cantato un po' sporcato di Michele, salvo aprirsi in un ritornello che permette alla sua voce di innalzarsi meravigliosamente; "
Lie to Me" è invece un brano decisamente più intimo, dai toni quasi malinconici, che fa da contraltare alla successiva "
Secrets Fear", canzone che si poggia sul gioco di parole col nome del gruppo e che rappresenta l'emblema più puro del lato power/prog dei Secret Sphere; "
The Rising of Love" è forse la canzone meno interessante del lotto, ma ha il compito di introdurre quella che non esito a definire una delle più belle power ballad che io abbia mai sentito, "
Eternity", brano che da solo varrebbe l'acquisto del disco e non esagero. Linee vocali del genere in una ballad fatico a ricordarle, semplici e allo stesso tempo intriganti e altamente emozionali, in grado di esaltare sia la voce di Michele sia i suoi compagni d'armi. Brividi.
Un modo perfetto insomma per chiudere un disco assolutamente di valore assoluto, che ci riconsegna un gruppo in splendida forma che non ha assolutamente risentito dell'importante cambio di line-up che ha dovuto affrontare e che si erge a vessillo dell'Italia in Europa e nel mondo. Questi sono ragazzi che ci vengono invidiati: supportiamoli come si deve perchè se lo meritano davvero.
Quoth the Raven, Nevermore..