Void of Sleep - Tales Between Reality and Madness

Copertina 8

Info

Anno di uscita:2013
Durata:45 min.
Etichetta:Aural Music

Tracklist

  1. BLOOD ON MY HANDS
  2. WISDOM OF DOOM
  3. THE GREAT ESCAPE OF THE GIANT STONE MAN
  4. LOST IN THE VOID
  5. GHOST OF ME
  6. MIRROR SOUL SICKNESS
  7. SONS OF NOTHING

Line up

  • Burdo: Vocals & Guitars
  • Gale: Guitar
  • Paso: Bass
  • Allo: Drums

Voto medio utenti

Tales Between Reality and Madness”, primo full lenght dei ravennesi Void of Sleep, è un album STU-PEN-DO. Banale come inizio? Probabilmente si, ma rende perfettamente l'idea di quanto troverete all'interno di questo fenomenale debutto. “Banale”, invece, sarà l'ultimo aggettivo che vi passerà per la testa una volta messo “Tales Between Reality and Madness” nel vostro stereo.

Ma procediamo con ordine. I Void of Sleep nascono nel 2010 nella città di Ravenna e editano le loro prime composizioni all'interno di un ep uscito l'anno successivo dal titolo “Giants & Killers EP”. Dopo due anni di gestazione viene alla luce questo “Tales Between Reality and Madness”, sette tracce di granitico e compatto Stoner Doom, coadiuvato da una miriade di influenze Sludge, 70's Rock, Progressive, Psichedelia, qui sapientemente miscelate senza però venire a creare un'accozzaglia di generi senza capo né coda. Anzi, è proprio l'omogeneità delle composizioni a rappresentare un grande punto di forza del lavoro.

Ogni brano ha il pregio di avere al suo interno una varietà di contaminazioni, messe assieme con una tale disinvoltura a formare canzoni dall'impatto immediato, colto, epico a tratti. Nonostante alla base ci siano solide fondamenta di un sound più “vintage” (caro a band 70's doom come Pentagram o anche più “acide” come Orange Goblin e Kyuss, vedi “Wisdom of Doom”), a momenti si possono sentire riferimenti ad un post metal più moderno e aggressivo (“Lost in the Void”). Le molteplici influenze non vengono mai esplicitate, ma coesistono in un'amalgama perfetto in cui ogni tassello è incasellato al posto giusto e il superfluo viene accantonato e lasciato da parte, in favore di un risultato invidiabile.

In tracce come la già citata “Lost in the Void” e la conclusiva “Sons of Nothing” gli accenni ai Tool si precano: armonie perfette, una melodia con un risvolto quasi violento, caratterizzata da riff rocciosi e un ritornello per nulla scontato.

Perfetto l'operato del cantante Burdo, bravissimo performer, versatile e vario, dall'espressività sempre convincente e decisa, che alterna cambi di voce ora più aggressivi, ad altri più melodici, sempre dall'esecuzione eccellente. Non di meno è il lavoro degli altri musicisti (Gale alla chitarra, Paso al basso e Allo alla batteria), ottimi compositori e fenomenali esecutori.

Promossi a pieni voti dal sottoscritto e prima “new sensation” del 2013: se quest'album è preludio del nuovo anno, dovrò prepararmi a incrementare il fondo “acquisto dischi”.

Un lavoro maturo, intenso, mai monotono, mai noioso, mai ripetitivo. Bellissimo.
Recensione a cura di Simone Carta

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