Non me ne vogliano i
Bloodbound, né i loro fans più accaniti, ma “In the name of metal”, ultimo lavoro della band di Bollnas, è il classico esempio di disco che mi fa vergognare di essere metallaro. Avete presenti i luoghi comuni con i quali da decenni viene bollata la nostra musica da tutti gli ignoranti detrattori che sparano a zero sul metal? Beh, sono tutti racchiusi in queste undici tracce, e se uno di questi detrattori cercasse di giustificare le sue accuse facendomi ascoltare il cd, sinceramente non saprei proprio come controbattere e dargli torto… “In the name of metal” è un concentrato di banalità che partendo da buone intenzioni (almeno mi auguro sia così), e cioè esaltare il metal e ciò che rappresenta per noi amanti del genere, cade direttamente nella brace, finendo con l’auto distruggere tutto quanto di buono fatto negli ultimi trent’anni. Se pensate che i Manowar siano pacchiani, ripetitivi, a volte ridicoli, beh, oltre a darvi ragione non posso far altro che (s)consigliarvi di ascoltare l’album in questione e cambierete idea perfino su di loro. E ho detto tutto… Quello che per la band svedese dovrebbe e vorrebbe essere epico, dovrebbe suonare metal ed essere motivo di vanto, diventa all’istante becero, pacchiano, ridicolo… Melodie scontate, testi vergognosi, copertina scandalosa, non manca proprio niente all’appello. E non basta una buona registrazione a rialzare il livello, né una buona prestazione dal punto di vista strumentale, i brani sono grotteschi… E da una band giunta (non si sa come) al quinto album, questo è inaccettabile, ancor di più se a licenziare il disco è la AFM Records, visto che una porcheria del genere non sarebbe accettabile neanche se autoprodotta. La sagra del luogo comune (non dico della porchetta per rispetto al tradizionale e ottimo prodotto laziale) si propaga attraverso le note di brani come “Metalheads unite”, “Mr. Darkness”, “I’m evil”, “Bounded by blood” (visto che fantasia?), e vi giuro che arrivare alla fine del disco senza bestemmiare tutto il calendario o prendere a testate lo stereo non è un’impresa facile, visto che all’ennesimo coretto da asilo la tentazione è proprio quella. Vi sareste mai aspettati in vita vostra di ascoltare un coro da cheerleader in un disco metal? Beh, ci pensano i Bloodbound a togliervi questo irrinunciabile (!!!) sfizio: ascoltate “Metalhead unite”, e quando arriverà ‘M-E-T-A-L for metal’ decidete voi se ridere, incazzarvi come iene o quant’altro… Peccato, perché tutto sommato musicalmente i brani, pur non proponendo nulla di nuovo o particolarmente eccitante, non sono neanche poi così male, con assoli maideniani, qualche richiamo al power tedesco e doppia cassa spesso a mille, ma il concept, i testi e l’iconografia fanno davvero cadere le braccia… Non penso di dover aggiungere altro, credo che il quadro sia abbastanza completo. Ora sta a voi stabilire se dare una chance a questi sei esaltati svedesi o rivolgere le vostre attenzioni a band decisamente più meritevoli dei vostri risparmi…
PS: queste di seguito sono solo 2 o 3 ‘chicche’ contenute nella titletrack… se vi incuriosiscono lascio a voi il simpatico compito di andare a spulciarvi gli altri brani, vi assicuro che ne troverete a decine…
- ‘You say I’m evil, you say I’m sick, my hair is long I don’t give a fuck’
- ‘My music’s wrong I don’t care at all, You say I’m ditry I smell like shit’
- ‘You think I’m ugly looks like a witch, I’ll kick your ass like a pussy, bitch!’
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