Dopo il loro secondo album "
Understanding What We've Grown to Be", il primo per la potente semiindie
Nuclear Blast, è la volta di questo singolo intitolato "
Hope" per gli statunitensi
We Came as Romans, una delle formazioni metalcore più giovani (quasi tutti nati intorno al 1990...) che ha scalato davvero in brevissimo tempo le classifiche di vendita dell'ormai unico sottogenere metal che vende insieme a quello gothic.
Se le premesse per il prossimo full length sono quelle espresse in questo "
Hope", temo proprio che ci sarà un futuro assai radioso per questi cinque ragazzini del Michigan poichè rispetto al passato è scemata la componente "core" ed è salita vertiginosamente la componente pop, con ritornelli davvero al limite del bambinesco, così easy e catchy che è letteralmente impossibile che non facciano presa dopo mezzo ascolto.
Il problema è che con questo appiattimento, fatto di linee vocali elementari e coretti punk alla Mtv con la voce da bambinetto del buon Kyle Pavone (cercato scientemente, mi rendo conto, e fanno bene se gli permette certe cifre), i brani sono pressochè identici, e mentre scrivevo questa recensione più volte mi è capitato di scambiare i tre brani tra loro... ma questo non cambierà nulla, il tiro alla
P.O.D. era "
Satellite" che ha la title track gli spianerà ancora di più il successo.
Diversi dai pur melodici
Bury Tomorrow, meno schizzati e furiosi dei
Bring Me the Horizon o degli
Asking Alexandria, lontani anni luce dal metalcore più furioso stile
Confession, i
We Came As Romans rappresentano l'anima più sputtanata e commerciale del metalcore a presa rapida, con tutti i suoi pregi (commerciali) ed i suoi difetti (artistici, "metallicamente" parlando).
Capelli corti, abbigliamento ed atteggiamento alla Toby Maguire quello sfigatino triste di
Superman, saltini e mossettine alla
Blur... ma, a conti fatti, ma dove sta il metal qui dentro?
Beati loro che hanno capito tutto a
15 anni.
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