Esiste un suono che identifichi la rabbia, la ribellione, la rivoluzione? Un monologo carismatico può riscaldare gli animi, una citazione ben piazzata è capace d’ispirare anche il meno motivato tra i pigri. A volte, invece, basta il rumore di uno sparo, un colpo di pistola, per risvegliare efficacemente paure e irrazionalità sedate dal torpore della vita quotidiana.
L’effetto che produce l’ascolto di
Morire per la Patria, terza fatica in studio dei
Fuzz Orchestra, è molto più simile all’esplosione di un’arma da fuoco, meglio se impugnata dal classico uomo qualunque, frustrato e oppresso dalla macchina della società, così spesso ritratto dal cinema italiano degli anni Settanta. Un assalto sonoro che riprende le solide basi elaborate dalla band nei primi due lavori (
Fuzz Orchestra e
Comunicato N°2), miscelando radici heavy-space rock, riff di gusto sabbathiano e un sound di matrice essenzalmente seventies ad inserti tipicamente noise che lasciano grande spazio all’uso di campioni tratti da film-culto, rumori e gesti sonori inconsulti.
L’album, tematicamente, segue la traccia segnata dai precedenti full-length e continua la discesa nei meandri sociali e politici del subconscio italiano, utilizzando citazioni cinefile o di repertorio (opportunamente manipolate) come provocazioni capaci di resuscitare inquietudini e fantasmi sepolti dal nostro passato recente.
Le composizioni si snodano, veloci e godibili, in una struttura retta da chitarre monolitiche e da un drumming percussivo, violento ed estremamente efficace. L’utilizzo dei fiati, del violino e di modulazioni vocali, aggiungono ancora più enfasi a brani come “La proprietà”, sulfurea nel suo incedere quasi doom, “Il Paese incantato”, che strizza l’occhio a una ritmica quasi tribale e a un arrangiamento di sax tanto essenziale quanto efficace, “Viene il vento”, breve e d’impatto, o “In verità vi dico”, con le sue atmosfere dapprima violente e frontali che conducono poi ad una sezione più aperta e trasognata. L’opener “Sangue”, la metallica “Svegliati e uccidi” e la trascinante traccia di chiusura, che riprende il titolo dell’album, completano la tracklist di quello che, anche dopo svariati ascolti, risulta sempre più un disco tanto diretto e godibile quanto dotato di una profondità non indifferente.
Sia grazie ad un arrangiamento complessivo delle parti strumentali che non risulta mai scontato o stucchevole, sia grazie al gusto della citazione che, da sempre, caratterizza i
Fuzz Orchestra,
Morire per la patria rappresenta uno degli esempi più frizzanti e genuini della vitalità e della buona salute dell’underground sperimentale italiano.