Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:26 min.
Etichetta:Victory
Distribuzione:Get Smart

Tracklist

  1. MOTHER NIGHT REVISITED
  2. LAYOVER
  3. NIGHT SOIL
  4. STOLEN BREATH
  5. ONE CONSTANT VOLUME
  6. BLACK DEN
  7. CABLES HUM OVERHEAD
  8. CITIZEN
  9. THE OCTOPUS
  10. COVERED IN LIGHTS
  11. CAPSULE HOTEL
  12. DIM LIGHT DISTRICT

Line up

  • B. Petree: vocals
  • M. Gaytan: guitars
  • P. Meyers: guitars
  • N. Hale: bass
  • D. Schoenhofer: drums

Voto medio utenti

Il suono sprigionato dalle casse del mio stereo, appena ho premuto il famigerato tasto play, ha letteralmente fatto tremare i muri di casa mia, ed il merito è tutto di questi Premonitions Of War, qui al debutto sulla lunga distanza. Tenendo fede al nome che portano e maneggiando un’alchemica miscela di brutale death metal, lacerante grindcore, disturbante noise e soffocanti impantanamenti sludge, i nostri sono autori di un sound feroce, nervoso, schizoide, facilmente irascibile, molesto e realmente corrosivo.
La band è tanto parca di minutaggio, solo 26 miseri minuti, quanto generosa di violenza e vibrazioni deleterie. Le songs sono tutte brevissime, mediamente attorno al minuto e mezzo, se si eccettuano i due pezzi posti a centro disco di oltre 5 minuti cadauno, e sto parlando di “Black Den”, perfetto esempio di sludge-core ricco di dissonanze, e di “Cables Hum Overhead”, noise/industrial ossessivo e sfiancante aiutato dal lamentoso singer che per tutta la durata del pezzo si limita a biascicare “Lines Stretched Out To Storm And Torch”. In realtà dal punto di vista lirico la band è quanto mai ermetica e minimale, limitandosi ad esprimere pochi contorti concetti. Gli altri pezzi, a partire da “Citizen”, passando per l’iniziale “Mother Night Revisited” e finendo con “The Octopus”, sono tutti delle mazzate incredibili, giocate sulla brutale voce del singer e sulla bravura tecnica della band, aiutate dalla produzione grezza ma potente di Erik Rutan, ex Morbid Angel e mastermind degli Hate Eternal.
In definitiva un disco estremo nella più pura accezione del termine, un disco che cita sì molte influenze (Unsane, Converge, Soilent Green, Botch, Neurosis, Bolt Thrower, ect.), ma non si limita mai ad una mera e pedissequa scopiazzatura, ma ci mette sempre del proprio per creare composizioni di ottima fattura. Un disco per chi non ha paura si spaccarsi le orecchie e farle sanguinare e, peggio ancora, confessare poi di aver goduto di un piacere perverso. Decisamente handle with care.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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