Gli spifferi della rete e i primi commenti sparsi qua e la sui vari blog mi avevano messo sul chi va la riguardo il nuovo album dei
Darkthrone, ma sinceramente, a 20 anni dall’epocale
“Under A Funeral Moon” non mi sarei mai aspettato di dovermi sottoporre a una tale tortura sonora e a dovermi, di consequenza, districare in una acrobatica e diplomatica ginnastica con la lingua italiana per non bollare troppo facilmente, ma appropriatamente, quest’album, con una parola di cinque lettere che inizia per “m” e finisce per “da”…E’ per questo che eviterò di digitarla, ma vi assicuro che mi ha aleggiato in mente sin dal primo riff di
“Dead Early” fino all’ultimo estenuante secondo di
“Leave No Cross Unturned”. I
Darkthrone del 2013 non hanno più niente a che fare con ciò che erano stati in passato e anche il black/punk degli ultimi lavori è solo un piacevole ricordo se paragonato a quello che ascolterete in questa nuova fatica (soprattutto per chi ascolta…).
“The Underground Resistance” è un album che va ancora più a ritroso nel tempo rispetto a
“Circle The Wagons” o
“Dark Thrones And Black Flags” e arriva fino alla metà degli anni 80 cercando di assestarsi a cavallo tra i
Bathory più rozzi e meno epici e gli
Helloween di
“Walls Of Jericho”. Avete letto bene, si proprio gli
Helloween, ma avrei anche potuto scrivere
Overkill, per riferirmi comunque alla scena mondiale power/thrash di quegli anni. Quello che lascia più di stucco è che quasi trent’anni dopo quel fenomeno e quegli albums,
“The Underground Resistance” al confronto, suona come un demo di una band di ragazzini alle prime armi, pieno di buona volontà e di entusiasmo ma assolutamente privo di spunti personali per essere paragonato ai capostipiti del genere. Fa certamente un certo effetto parlar dei
Darkthrone e non citarli come termine di paragone ma tant’è, i sei pezzi che compongono l’album sono quanto di più, scontato, frettoloso e banale potesse uscire dalle menti di Fenriz e Nocturno Culto. Se dal punto di vista musicale siamo su livelli molto bassi, per quanto riguarda le vocals rasentiamo il ridicolo se vogliamo considerarle seriamente, se poi le prendiamo per quello che sono, cioè solo sguaiate declamazioni, allora possiamo anche farci una sana risata, ma è certo che fa veramente senso sentire due grandi artisti della scena estrema ridotti ai minimi termini…Avendo avuto in passato la possibilità di conoscere sia Fenriz che Nocturno Culto sono supersicuro che non gli fregherà assolutamente niente né delle critiche negative che pioveranno copiose (almeno spero) su quest’album, né tantomeno dei (finti?) apprezzamenti dei die hard fans del gruppo, infatti in nostri due eroi hanno dato ancora una volta prova delle loro integrità e indipendenza artistica anche a costo di scontentare chiunque, e questo, nonostante l’orribile
“The Underground Resistance” gliene va dato atto…
Under a funeral moon the cult is NOT alive anymore!
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