Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:48 min.
Etichetta:Frontiers Records

Tracklist

  1. WALK AWAY
  2. LEARN TO LIVE AGAIN
  3. RISE UP
  4. LOVE HEALS
  5. WHAT YOU WANT
  6. THE MOMENT
  7. BAD BOY
  8. ON THE RUN
  9. BROKEN WINGS
  10. SHOT
  11. STILL BELIEVE IN US
  12. STILL UNBROKEN

Line up

  • Jeff Scott Soto: vocals
  • Erik Mårtensson: guitars, bass, keyboards, vocals
  • Robert Säll: keyboards, guitars
  • Robban Bäck: drums
  • Magnus Henriksson: guitars

Voto medio utenti

Quando le personalità in gioco sono dello spessore di quelle ostentate dai W.E.T., l’impressione è che per tutti gli “altri” pretendenti al trono di “categoria” rimangano ben poche speranze di successo.
Una sensazione già piuttosto vivida ai tempi dell’esordio eponimo e oggi, se possibile, ancor più netta, viste le recenti prestazioni strabilianti di Work Of Art ed Eclipse, nuovi supercampioni di una forma di hard melodico dalle caratteristiche immarcescibili e tuttavia talmente dinamica da non farla scadere nel campo della mera riproduzione.
L’attesa spasmodica per una degna replica a quel favoloso esordio del 2009 è finalmente terminata e “Rise up” si offre ai tanti appassionati del genere all’insegna della “conferma”.
Jeff Scott Soto ratifica, ancora una volta, il suo ruolo di vocalist extraordinaire, impeccabile in interpretazioni sensibili e struggenti e non meno efficace quando si tratta di estendere al massimo le sue docilissime corde vocali, aggiungendo forza e grinta ad un timbro dal fascino veramente irresistibile.
Robert Säll è anch’egli una garanzia in fatto di talento e classe, e addirittura maggiormente “rassicurante” e decisiva appare la prova di Erik Mårtensson, pienamente a suo agio nel gratificante status di protagonista assoluto dell’euro-chic-hard-rock, ormai ampiamente riconosciuto a livello internazionale.
La presenza di Robban Bäck e Magnus Henriksson rasserena e stuzzica ulteriormente chi ha argutamente inserito “Bleed and scream” nelle zone alte delle sue Top playlist del 2012, ma è il gruppo nel suo insieme ad offrire un’impressionante dimostrazione di “naturalezza” per come affronta una materia tanto amata e nobile, in cui i modelli di riferimento sono davvero “ciclopici” e indimenticabili.
Il programma, così, diventa una sorta di prezioso gioiello musicale, dove ogni brano è una piccola perla dall’estetica sonora scintillante e raffinata e in cui il miscuglio di brividi melodici, “presa” istantanea e graffi di ricercata incisività, conquista dalla prima all’ultima nota.
L’adamantina “Walk away” e la rischiarante ballata “Love heals” celebrano i Journey con un’intensità inaudita, lasciando intendere cosa avrebbe potuto combinare Soto con una delle massime espressioni del genere e “Learn to live again”, vibrando sulle medesime coordinate soniche, possiede tutte le caratteristiche che fanno di una canzone un grande singolo … calibrazione pressoché assoluta tra verve e magnetismo, coronata da un pizzico d’indispensabile “ruffianeria”.
Forgiare le proprie composizioni su una sofisticata, virile e voluminosa costruzione armonica è una delle migliori “specialità della casa”, ed ecco che la palpitante title-track, "The moment” e una spigliata “What you want” sfruttano appieno la gloriosa peculiarità, mentre "Bad boy” e il suo coro perentorio, pieno e adescante finirà per fare sfracelli in un eventuale live-show, che speriamo di poter saggiare quanto prima.
La potente “On the run” combina con gusto sopraffino Asia, Night Ranger e Giant, “Broken wings”, smentisce il titolo e fa volare alti sensi e pensiero e “Shot” è semplicemente sublime nel suo pulsante incedere in progressione, fino al climax dell’ennesimo refrain invincibile.
“Still believe in us” vi farà capire la differenza tra un pezzo traboccante di passionalità autentica e una romanticheria da carie repentina e solo gente dall’enorme ingegno compositivo e dai mezzi tecnici smisurati come i W.E.T. può permettersi di “relegare” un bijou catalizzante e suggestivo come “Still unbroken” al fondo della scaletta.
Soltanto in dirittura d’arrivo di questa disamina mi accorgo di non aver mai avuto la possibilità di utilizzare il termine “evoluzione” … ed, in effetti, forse quello che manca a “Rise up” è proprio la “voglia” e l’ambizione di andare oltre il suo predecessore e magari tentare di aggiungere qualcosa di “imprevisto” alla solidissima e assodata “storia” artistica individuale e collettiva dei suoi artefici … un “difetto”, se così vogliamo chiamarlo, però, piuttosto facile da dimenticare, quando l’ascolto si risolve sempre in un’esperienza straordinariamente appagante e coinvolgente … davvero un bel modo per iniziare il 2013.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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