La telenovela dei
Brutality, formazione leggendaria del death metal statunitense ed autrice di due dei dischi più belli dell'intero movimento (ovvero "
Screams of Anguish" e "
When the Sky Turns Black"), sembra davvero non avere fine.
Uno scioglimento nel 1997 per dissidi personali, poi una timida reunion, subito abortita, la morte di
Bryan Hipp per overdose, di nuovo una reunion nel 2008 ma nuovamente fallita sia per disinteresse delle etichette sia per questioni private tra
Jeff Acres ed il resto della band; se poi ci aggiungiamo il cambio di sesso del fondatore
Larry Sapp, che oggi è una "splendida" ragazza di nome Raine Arguelles Von Kiszka, e le infinite polemiche tra lei e Jeff Acres, che è accusato di essere stato per anni il suo amante, di aver fatto il bello ed il cattivo tempo all'interno della band solo per gelosia, invidia, mancanza ecc ecc... insomma un vero delirio che, personalmente, mi lascia basito.
In mezzo a tutto questo bailamme, l'unica cosa che conta e che può parlare in maniera definitiva è la musica. Ed i fatti sono che da "
In Mourning" in poi (1996) dei Brutality non si era più ascoltato niente.
Fino ad oggi.
Scott Reigel, vocals.
Jeff Acres, bass.
Don Gates e Jay Fernandez, guitars.
Jim Coker, drums.
Con questa formazione, quella leggendaria, quella di "Screams of Anguish", quella che mi mette i brividi solamente a pronunciare, ci giunge oggi il nuovo EP "
Ruins of Humans", che finalmente ci consegna qualcosa di nuovo, di tangibile, della band di Tampa.
Ed il tempo sembra davvero essersi fermato, inchiodato, a quei magici anni '90, quando il death metal era così vivo, così magico, così profondo e sognante, così vero e spontaneo, così leggendario, prima di sprofondare in un abisso da cui solo sporadicamente riesce ad ergersi.
"Ruins of Humans" ci consegna dei Brutality in una forma, perlomeno musicale, eccellente e con una proposta perfettamente in linea con il discorso lasciato in sospeso più di 15 anni fa: una brevissima intro già ci fa accapponare la pelle prima che il ruggito feroce ed inconfondibile di Reigel ci assalga, prima che il drumming forsennato di Coker ci travolga, prima che le chitarre di Gates e Fernandez tornino a disegnare, per l'ennesima volta, delle trame così sognanti e malevole.
Tutto sembra essere tornato al proprio posto, è come se davanti ai miei occhi vedessi nuovamente le riviste metal con in copertina i
Death, i
Morbid Angel, gli
Obituary e, sì, i
Brutality.
C'è più death metal di qualità qui dentro, in questi due brani per 14 minuti di durata, che in tutte le uscite del 2011 e 2012: blastbeats furiosi, chitarre che sembrano cavalli imbizzarriti, il rullante che dà l'impressione di schizzare via in mille pezzi, e quel favoloso animalesco grugnito di Scott che non è cambiato di una virgola rispetto a "Screams of Anguish" e che va ad impreziosire, con i suoi contrasti, ancora di più i delicati, taglienti e luciferini assoli di cui questa meravigliosa coppia d'asce c'ha sempre fatto dono.
Bellissima "
Ruins of Humans", se possibile ancor migliore la successiva "
Irreversibly Broken", con un finale da antologia, da brividi. Da
DEATH METAL.
Non so se questa ennesima reunion avrà un seguito, se avremo un disco, se ci sarà una continuità ma non mi importa più niente a questo punto: i
Brutality mi hanno restituito quella magia e questo nessuno me lo potrà portare via.
THIS IS MY FREEDOM.