L'idea alla base di
"Entity" non è male. Il norvegese
Håvard Lunde ha pensato di fondere il "prog estremo" di Opeth ed Edge Of Sanity con la rock opera di ayreoniana memoria per sviluppare un concept non particolarmente elaborato ma musicalmente molto "condensato" - il full-length, composto da un'unica suite suddivisa in 9 tracce, dura appena 40 minuti.
Il protagonista della storia è un uomo che non ha più il coraggio di guardare il mondo che lo circonda e che decide di chiudere gli occhi per trovare rifugio e conforto nei propri pensieri. Qui però è costretto ad avere a che fare con un demone del proprio passato nascosto da tempo nel suo subconscio...
Ok, sul fronte lirico si poteva fare di meglio, ma il risultato complessivo è piuttosto convincente - merito anche del lungo elenco di ospiti che hanno partecipato all'operazione interamente autoprodotta. Lo spettro della band di
Mikael Åkerfeldt regna sovrano in tracce come
"Disconsolation" o
"The Bargaining" (il cui riff portante è proprio copiato da
"The Baying Of The Hounds"), mentre i brevi intermezzi come
"A Farewell To Reality" o
"Abandonment" non avrebbero sfigurato in un ennesimo capitolo di
"Crimson". C'è anche qualche spruzzata di prog classico - l'incipit di
"Into The Ethereal Shadows" o il break strumentale di
"Under Absent Clouds" riecheggiano i Genesis, così come il sax di
"A Crack In The Clouds" non può non ricordare i Pink Floyd - oltre a un mini-tributo a
Lucassen (l'attacco spacey di
"A Stolen Prayer"), ma a prevalere su tutto è comunque il muro di chitarre costruito da
Lunde e soci.
Non so come resisterà alla prova del tempo, ma per ora posso dirvi che
"Entity" mi è piaciuto. E se le band sopraccitate sono di vostro gradimento, piacerà sicuramente anche a voi.
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