Ne ha fatta di strada, Alessandro Favaretto, da quando i
rockofili del
Belpaese hanno cominciato a conoscerlo ed apprezzarlo in formazioni come Hot Honey e Dark Lord.
Alex De Rosso, uno dei nostri musicisti d’esportazione più preparati e “sensibili”, capace di persuadere addirittura una personalità
complessa come quella di Don Dokken, è entrato di diritto nel
gotha di quegli artisti degni di assoluta credibilità internazionale, per cui l’origine geografica è solo un aspetto
accessorio e in cui la differenza la fanno aspetti “leggermente” più decisivi come il talento e la competenza.
Quella che dovrebbe essere la “normalità” diventa eccezione, e anche se le cose negli anni sono fortunatamente migliorate da questo punto di vista, non è comunque banale poter contare sulla stima di gente come Reb Beach, George Lynch, Timothy Drury, Doug Aldrich, Steve Lukather e dello stesso Don Dokken, tanto da averli come graditi ospiti nel tuo disco da solista.
Ed eccoci, così, arrivati a “Lions & lambs”, quarto
solo-album (a distanza di ben undici anni dal precedente “The thin line between black and white”) del nostro, un lavoro che, indipendentemente dalle presenze “eccellenti”, si offre ai tanti appassionati del settore con le prerogative di un vibrante prototipo di
hard melodico ad “ampio spettro”, forgiato nella tradizione e al contempo sufficientemente vitale da non crogiolarsi in un’unica formula espressiva, contemplando anche alcune sfumature più “moderne” della nobile categoria musicale.
Nei solchi del Cd troverete ovviamente allusioni al
class-metal di Dokken, TNT e White Lion, ma anche bagliori di
grunge (o
post-grunge) e non solo perché la chiusura del programma è affidata ad una pregevole trascrizione di “Them bones” dei favolosi Alice In Chains (una “vecchia” passione, peraltro …).
E’ sufficiente ascoltare la potente “Resistance”, le atmosfere malinconiche di "Something about you & me”, l’articolata e poderosa “Rise my life” (con armonizzazioni vocali tipicamente d’ispirazione AIC …) e ancora la melodia vaporosa di “Another million years” e l’intensa “Feel the hope” (con umori di Pearl Jam e Alter Bridge), per rendersi conto immediatamente di quanto questi piccoli gioiellini sonori possano essere adatti pure alla fruizione nell’ambito del
radio-rock contemporaneo, superando di un paio d’incollature tanti presunti campioni della scena.
Chi invece è maggiormente legato alla “storia” del genere potrà affidarsi alla tagliente “Disappear”, ottimamente interpretata dal
divino (ultimamente un po’ più “terreno”, forse …) Don, alla deliziosa ballata elettroacustica “Your mirror”, alla pulsante “It doesen’t matter now” (tra Van Halen e Chickenfoot) e alle passionali atmosfere notturne di “Chasing illusions” (cantata con eccezionale trasporto dall’eclettico Timothy Drury), tutta roba che comunque non esibisce mai un fastidioso senso di “prefabbricato”, vizio di parecchia della musica “vintage” attuale.
Concludiamo, dunque, con un grande plauso ad Alex, chitarrista di comprovata classe e temperamento, eccellente compositore e pure egregio
vocalist, capace di consegnare a “Lions & lambs” tutta l’estensione “tridimensionale” della sua personalità artistica … a noi non resta che gioirne e sostenerlo come merita.
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