L'approccio al nuovo lavoro, il quarto, dei parigini
Aosoth è tutt'altro che facile.
"IV: An Arrow in Heart", rilasciato dalla Agonia Records, è un album lungo, forse prolisso, duro da sopportare, contorto, oscuro, angosciante, morboso.
La prima sensazione che emerge ascoltando questo macigno, ve lo sottolineo, è la noia.
Poi, pian piano, le spire del suono ti avvolgono, sinistre, e ti abbracciano facendoti sprofondare nel buio, un buio assoluto e quasi disturbante.
Gli
Aosoth, come da tradizione transalpina, sono interpreti di un black metal "moderno", nerissimo, dal taglio obliquo che non segue una rotta lineare, ma procede a cerchi concentrici che ti soffocano con lentezza ed esasperante meticolosità, fino a raggiungere la parte più oscura celata in ognuno di noi.
Le composizioni di questo album risultano essere molto omogenee come se il gruppo avesse voluto dare vita ad un'unica litania di dolore che, tra fredde accelerazioni e rallentamenti dal sapore quasi industriale, giunge alla destrutturazione della semplice forma canzone:
"IV: An Arrow in Heart" non è, infatti, un disco nel senso classico del termine, ma va vissuto come una esperienza piuttosto che come un insieme di note.
La musica qui contenuta, lo ripeto, è molto ostica, non ha punti di riferimento precisi, se non qualche influenza dei conterranei
Deathspell Omega, ed è molto orientata verso una sorta di ritualismo sonoro che trova la sua consacrazione da una parte nei disturbanti intermezzi ritmati che, improvvisi, spezzano l'assalto e la furia degli strumenti e dall'altra in una sezione ritmica precisa e de umanizzante sulla quale si poggia la voce che, monotona, dà sfogo alle litanie malate del gruppo.
"IV: An Arrow in Heart" non è il classico disco black metal e sono certo dividerà la platea in chi lo amerà ed in chi, al contrario, lo detesterà.
Certamente va dato atto agli
Aosoth di aver raggiunto una maturità ed una fortissima personalità che permette loro di comporre brani disarmonici, gelidi, asettici e morbosi che affascineranno tutti quelli più inclini a farsi cullare dal male.
Il male più oscuro.