Il nuovo album dei
Satan, "Life Sentence", rimanda esplicitamente al loro esordio "Court in the Act", uscito giusto trent'anni fa, non solo nell'artwork e nel titolo, ma anche per il mood delle canzoni, che, sin dall'opener "Time to Die", si riallineano a quelle che già negli anni '80 facevano eco ad una N.W.O.N.H.M. più ruvida e graffiante rispetto alle proposte di molte delle formazioni che
bazzicavano il genere.
Una grossa differenza si deve alla resa sonora, grazie al lavoro dietro al banco della regia da parte di Dario Mollo, che riesce a trovare le giuste combinazioni senza mai snaturare sound dei Satan.
Non tutti i brani hanno però la stessa efficacia del pezzo messo in apertura, come nel caso della successiva "Twenty Twenty Five" o di "Siege Mentality" (quest'ultima un po' troppo caotica), due canzoni comunque intervallate da uno dei
pezzi da novanta del disco: "Cenotaph".
E se degli ottimi risultati i Satan li ottengono con le altrettanto speedy ed immediate "Testimony" e "Life Sentence" ma anche con i toni vagamente sabbathiani (pur strigliati da accenni Thrash) di "Personal Demons" - ok, un po' meno quando devono districarsi in quei passaggi melodici non particolarmente convincenti di "Another Universe" - alla resa dei conti dobbiamo riconoscere a questo album il merito di riconsegnarci una formazione che dimostra di aver ancora qualcosa da dire.
Anche perchè ritroviamo
tutta gente che ha lasciato un bel segno nella scena Metal, e non solo grazie ai Satan (e alle loro
altre incarnazioni, dai Blind Fury ai Pariah) ma anche con altre formazioni come Skyclad o Blitzkrieg, e che riesce a farsi valere anche oggi.
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