Gli Arabesque non sono di certo gli ultimi arrivati. Nonostante l'esigua discografia, il nome circola nella scena, anche se con una certa discontinuità, dal 1989.
In precedenza la band era un trio e produceva musica strumentale. All'attivo, prima di questo "The Union", è il debutto "Beyond The Veil", lavoro che mi procurai al tempo dell'uscita nel 1994 ed edito dalla Shark Records.
L'album, pur presentando una copertina di pessimo gusto a dir poco, svelava una band dalle buone idee e molto preparata tecnicamente, che si muoveva sulle coordinate di un progressive metal strumentale, con influenze riconducibili a Vai, Satriani, Dream Theater e Rush.
Ora, dopo aver fatto perdere le proprie tracce per lungo tempo, rispuntano con un nuovo album prodotto dalla Lion Music e con una formazione nettamente variata.
In seno al trio originario ora è subentrato un nuovo bassista (tale Frank De Groot) e si sono aggiunti un tastierista e ben due ragazze in qualità di voci soliste, che si alternano nell'ambito di tutti e undici i brani in scaletta.
Ovvio che, a seguito di tali variazioni, ora lo stile sia nettamente variato rispetto all'esordio, a scapito di una personalità e di un'attitudine sonora che a mio parere risultavano decisamente più interessanti con "Beyond The Veil".
Certo, non si può mica biasimare una rivoluzione del genere, atta a cercare maggior seguito che di certo il genere strumentale comporterebbe con maggior difficoltà.
"The Union" comunque si rivela un buon album di prog metal, ora allineato strumentalmente più a riferimenti quali Dream Theater, Queensryche e Rush.
Non mancano ulteriori elementi stilistici disseminati un po' per tutte le composizioni (anche se tutto sommato non così determinanti ed inediti da elevare la band nettamente oltre la media), come l'utilizzo di atmosfere dal sapore orientale, di inserti più marcatamente sinfonici, di growls come in "Inner Voice", di alcune modulazioni vagamente jazzistiche del tasierista, come nel caso della parte finale di "Freaking" e di chitarre a volte anche dal riffing più marcatamente thrash, come in "Captured", o nella title track.
In definitiva, "The Union" ci ripresenta una discreta band al suo secondo tentativo di farsi strada nel già affollatissimo, saturo, odierno filone prog metal. Vedremo di cosa saranno capaci anche con le prossime realizzazioni.
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